Torino, l’epilogo

21/11/09 - Come si vociferava già da diversi giorni, il premio al miglior film del concorso al festival di Torino...

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Vince “La bocca del lupo” di Pietro Marcello, mentre il miglior documentario è ”Valentina Postika in attesa di partire” di Caterina Carone. Premiati e considerazioni a margini di un Festival che continua a dimostrare passione e originalità

(Dal nostro inviato Alessandro Aniballi)

tff 2723/11/09 – Come si vociferava già da diversi giorni, il premio al miglior film del concorso al festival di Torino è giustamente andato a ”La bocca del lupo” di Pietro Marcello, canto memoriale sulla Genova del porto e dei suoi abitanti emarginati e umanissimi e desta senz’altro sorpresa sapere che, come ha annunciato Barbera durante la conferenza stampa e come ci ha detto Amelio nel corso dell’intervista che ci ha rilasciato, Marcello è il primo regista italiano a vincere il premio principale nei ventisette anni di concorso del festival. Tra gli altri premi di Torino 27 salta all’occhio il riconoscimento doppio a due giganti quali Robert Duvall e Bill Murray come miglior attori di ”Get Low” di Aaron Schneider, protagonisti assoluti del film (e come dice Amelio, sempre nell’intervista, spesso capita che due grandi attori sappiano esaltarsi l’un l’altro, arricchendo vicendevolmente la loro recitazione; va dunque spiegato in tal senso il doppio premio). In Italiana.doc ha vinto come miglior film ”Valentina Postika in attesa di partire” di Caterina Carone, stratificata vicenda che è sia familiare che pubblica per come la giovane regista ha saputo raccontare l’esperienza di vita – e di regista di filmati di documentazione e home movies nel corso di quasi mezzo secolo! – del nonno Carlo Paladini, ex partigiano ed ex dirigente del PCI. Se i film del Concorso a tratti hanno dato l’impressione di essere un po’ disomogenei (titoli di ricerca come ”La bocca del lupo”, ”Santina” e il cinese ”Jalainur” ci sono sembrati molto distanti da opere decisamente più tradizionali quali ad esempio il rumeno ”Medalia de onoare” e, a suo modo, il francese ”Le roi de l’evasion”), al contrario Italiana.doc ha dimostrato una coerenza forte, facilmente riassumibile con il paziente setacciamento del reale e del sociale; si vedano in tal senso ”Housing” e ”Giallo a Milano”, il primo sulla questione abitativa, il secondo sulla comunità cinese del capoluogo lombardo.

Ma se siamo al momento delle riflessioni conclusive, non possiamo non volgerci all’ex Fuori Concorso e cioè Festa mobile che ha ospitato i titoli di maggior richiamo del festival (e che non hanno deluso le attese): ”Tetro (Segreti di Famiglia)” di Francis Ford Coppola e ”Fantastic Mr. Fox” di Wes Anderson. Festa mobile però è stata anche la sezione in cui abbiamo potuto apprezzare i nuovi grandi film di Brillante Mendoza, ”Kinatay”, e di Corneliu Porumboiu, ”Politis, adjectiv”, e un interessante lavoro italiano come ”La bella gente” di Ivano De Matteo (con Monica Guerritore, Elio Germano e Antonio Catania), ben girato e ottimamente recitato che purtroppo però non ha ancora distribuzione.

Certo in un festival come quello di Torino che presenta una programmazione amplissima è impossibile vedere tutto, però saltabeccando qua e là dobbiamo dire che ci è andata quasi sempre bene: molto interessante ad esempio il lavoro del giapponese Tadasuke Kodani, ”Line”, che con coraggio ci parla di sé e del difficile rapporto con il padre attraverso una sconvolgente incursione in un quartiere a luci rosse di Osaka. Presente in Paesaggio con figure, sottosezione di Festa mobile, ”Line” concorreva per il premio Cult che è andato a Julien Temple per ”A Oil Confidential”. Una sorpresa decisamente positiva, poi, è arrivata dal cinema di Nicolas Winding Refn, cui il festival ha dedicato un omaggio: un cinema violento e radicale, disperato ma anche vitalissimo, con un punto di vista estremo verso il mondo e la vita in genere come capita sempre più di rado nell’ormai generalmente placido cinema europeo. Nella stessa Onde, la sezione che probabilmente più di altre ha in eredità l’identità originaria del festival e che va identificata in un costante auscultamento delle tendenze eccentriche del cinema mondiale, abbiamo visto dei grandi film; anzi con ”Saturn Returns” di Lior Shamriz e con ”Independencia” di Raya Martin dobbiamo ammettere di aver gridato al capolavoro. Molto interessante anche l’omaggio a Ken Jacobs che, con un passato da sperimentalista su pellicola, ha trovato nuova linfa d’avanguardia nel digitale, lavorando al computer come ad una sorta di cervello capace di ”ripensare” il linguaggio del cinema.

Parlando di capolavori, dobbiamo allora citare per forza ”We Can’t Go Home Again”, girato nella prima metà degli anni Settanta, ultima fatica semi-invisibile e semi-incompiuta di Nicholas Ray, che è stato presentato qui a Torino nell’ambito della retrospettiva sul cineasta americano. E le retrospettive confermano il loro peso specifico nell’economia di Torino, più Ray di Oshima a quanto pare; evidentemente, oltre a una maggiore complessità del cineasta giapponese (cui Torino a dedicato la prima retrospettiva integrale mai fatta su di lui), ha contato per Ray anche la presenza della vedova Susan.

Chiudiamo dicendo che, come era ampiamente previsto, ha fatto il pienone la sezione Figli e amanti, in cui sei registi italiani hanno presentato il film che li ha formati (anche se ciascuno di loro ha interpretato in modo diverso tale compito), così come si è registrato il tutto esaurito per Kusturica e per Francis Ford Coppola, ospiti del festival per ritirare il neonato Gran Premio Torino. Gianni Amelio da direttore è stato presente il più possibile, con calma salomonica ma anche con passione cinefila, senza comunque cercare sul proscenio il confronto con Nanni Moretti e ha promesso per l’anno prossimo delle grosse sorprese.