Il futuro del mondo passa da qui – City Veins: il documentario di Andrea Deaglio
(Dal nostro inviato Alessandro Aniballi)
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30/11/10 – Selezionato per Italiana.doc al 28° Torino Film Festival, Il futuro del mondo passa da qui – City Veins di Andrea Deaglio è un lavoro capace allo stesso tempo di lanciare un grido d’allarme intorno a una zona degradata alla periferia di Torino così come di riconfigurare alcune norme del cinema documentaristico tout court. Il film di Andrea Deaglio infatti racconta l’emarginazione di un gruppo di persone che si trovano a frequentare o a vivere in uno spazio nascosto, altro rispetto alle “vene centrali” della città, eppure presente, vivo. Sulle due sponde di un affluente del Po, a quattro chilometri circa dal centro cittadino della capitale sabauda, una comunità rom vive in una baraccopoli, una ragazza vaga in cerca di droga, degli italiani difendono i loro terreni e un altro italiano che ha perso il lavoro si è andato a rifugiare lì, passando il tempo a dipingere.
Tra loro vi è poco in comune se non la costrizione di trovarsi a pochi metri l’uno dall’altro, in qualche modo rinchiusi nelle loro piccole attività quotidiane. Nel mostrare ciò Deaglio ha scelto un punto di vista preciso, nonfacendo parlare in macchina le persone con la meccanica classica dell’intervista, ma piuttosto di lasciarle “parlare” attraverso i gesti e le minute attività che si trovano a svolgere. In tal senso, a tratti, appaiono delle didascalie che esplicitano il pensiero dei protagonisti, una pratica che può lasciare spiazzati, ma che in realtà serve all’essenziale: basta una frase per capire lo scopo e il motivo d’essere di ciascuno di loro. Il futuro del mondo passa da qui – City Veins ha poi un assunto che non si esagera a definire teorico: un giorno Deaglio ha fotografato da un ponte il paesaggio che aveva davanti per poi scoprire man mano tutta la varia umanità che si nascondeva tra la vegetazione e diversi cumuli di spazzatura, con una rovina architettonica dalla funzionalità ormai dimenticata a dominare lo spazio. Dunque il film nasce da una foto, da una osservazione d’insieme per poi dedicarsi al dettaglio, alle piccole attività di queste persone. Ed è questa proprio la missione di un cinema che si voglia davvero definire documentaristico: investigare il paesaggio, togliere il velo dall’effetto cartolina e sondare le pulsazioni più intime del reale. Il film di Deaglio vale dunque come potente affermazione di poetica e come strumento di denuncia sociale, il che tra l’altro ci permette anche di ricordare che il degrado è ovunque, non solo al Sud.