Tokyo!

13/07/09 - Dopo essersi fatto apprezzare a Cannes 2008, grazie all'Asian Film Festival di Roma...

Un trio di eccentrica visionarietà  e il fascino indiscreto della metropoli post-moderna

(Dalla nostra inviata Laura Croce)

tokyo_city_11x17_72dpi13/07/09 – Dopo essersi fatto apprezzare a c, grazie all’Asian Film Festival di Roma è arrivato finalmente anche in Italia “Tokyo!”, il film collettivo nato dalle pazze e irresistibili macchine da presa dei francesi Michel Gondry e Leos Carax e del coreano Bong Joon-Ho. Tre episodi, uno per regista, che prendono spunto dalla megalopoli più allucinata e caotica del cosiddetto “Nord del Mondo” per raccontare in modo del tutto visionario le ansie dell’intera società  globalizzata. Non un semplice incontro/scontro di storie, come avviene per tanti film dedicati alle grandi città  dell’Occidente (come “Crash” o “Paris”), ma un vero ritratto a tre dimensioni del cittadino post-moderno, attanagliato dalle ansie e dai ritmi frenetici della vita metropolitana, spaventato dalle zone d’ombra del proprio habitat e dal rapporto con lo straniero, spinto verso una diffidenza e un individualismo che a volte arrivano a sfociare nella sociopatia.

Naturalmente, trattandosi di tre autori così eccentrici e imprevedibili, niente viene rappresentato in modo lineare e scorrevole. Gondry, con il suo “Interior design”, parla dell’asfissia che può essere prodotta da una megalopoli come Tokyo, dove gli abitanti sono continuamente perseguitati dalla mancanza di soldi, lavoro e spazio – sia per il corpo sia per lo spirito – e lo fa mettendo in scena una vera e propria mutazione fisica da persona umana a pezzo di arredo urbano, con una carica metaforica sempre potente e sconcertante. “Merde”, di Leos Carax, ribalta in chiave parodistica la figura nipponica del mostro urbano, trasformandolo dal Godzilla di turno in un rozzo abitante delle fogne dai tratti tipicamente nord-europei, che ogni tanto emerge dal sottosuolo terrorizzando e decimando la popolazione di Tokyo: un piccolo affresco delirante e magnetico del gap culturale ancora esistente tra le varie etnie presenti in una metropoli dall’atmosfera internazionale. Bong Joon-Ho, infine, si sofferma sul problema degli hikikomori, persone affette da un particolare disturbo della psiche che le spinge a chiudersi in casa per anni e anni, isolandosi da tutto il resto del mondo, sopravvivendo attraverso le consegne a domicilio e evitando ogni contatto umano se non via computer. Un tema già  di per sè affascinante, trattato dal regista coreano in maniera delicata ma ironica, con il terremoto che si fa simbolo della forza insondabile di quei sentimenti grazie a cui l’umanità  riesce ancora a far sopravvivere una propria dimensione sociale nonostante il crescente atomismo indotto dal contesto urbano e dalla tecnocrazia.

Un vero e proprio gioiellino del cinema internazionale d’autore, insomma, che – neanche a dirlo – non ha trovato una distribuzione italiana, ma in compenso è disponibile in una versione DVD edita in altri paesi europei dal mercato (e dalla mente) più aperto del nostro.