A 25 anni da Ternosecco, un attore apprezzatissimo come Giancarlo Giannini ha sentito il bisogno di tornare alla regia con Ti ho cercata in tutti i necrologi, un po’ per rispondere alla crisi produttiva del cinema italiano, un po’ per cercare di dare una svolta a una carriera in un periodo difficile, almeno sul grande schermo: un film con cui Giannini cerca la doppia impresa. Ma quella che gli riesce è l’impresa di sbagliare tutto, dai toni alla recitazione, dal racconto alla messinscena.
Il personaggio principale del film è il becchino Nikita, interpretato dallo stesso Giannini e di stanza in Canada. Una sera, trovatosi coinvolto in una partita a poker in una sperduta villa fuori Toronto il suo destino cambierà per sempre. Per poter estinguere il debito di gioco gli viene proposta una caccia all’uomo: 20 minuti separano lui dai creditori che, con i fucili in mano, avranno quel lasso di tempo per stanarlo ed ucciderlo, mentre se ne esce vivo avrà estinto il debito. Sopravvissuto, Nikita sentirà il bisogno del terrore e della follia che la vita non gli ha mai offerto e si propone di fare la preda, in queste cacce, in cambio di soldi. L’inaspettato incontro con una bella e giovane donna complicherà ulteriormente le cose. Scritto da Luca D’Alisera, Ludovica Rampoldi, Massimo Guglielmo e Lorenzo Cairoli, Ti ho cercata in tutti i necrologi è un dramma folle, venato di thriller e noir, sulla scoperta del proprio lato oscuro e l’assuefazione a esso attraverso una storia di seduzione.
Una sorta di Pericolosa partita filtrato dal cinema di Lina Wertmuller che racconta la spirale a un tempo autodistruttiva e illuminante di un uomo che seppellisce i morti e che ha bisogno di avere a che fare con la morte e il pericolo in modo diretto per sentirsi vivo. Una parabola abbastanza semplice, anche nei sotto-testi di Bene e Male e Amore e Morte, che in mano a registi e narratori d’eccezione sarebbe potuta diventare un film notevole. Giannini invece, volendo abbandonarsi al gioco creativo, all’abbandono delle regole e dell’anarchia, sbaglia tutto ciò che si può sbagliare, dal tono del racconto sempre e costantemente sopra le righe e inadeguato, ai personaggi, dalla regia che cerca di arrancare alla ricerca di modelli di cinema fin troppo alti, alla recitazione.
I dialoghi “asincroni” (definizione di Giannini) non sanno descrivere mai i momenti significativi del racconto e arrivano facilmente al ridicolo, la messinscena si bea di luoghi e fotografia di lusso e pasticcia con i movimenti di macchina e quelli interiori dei personaggi giungendo a conclusioni surreali e oniriche da brividi, ma è la recitazione, insospettabilmente, a dare il colpo di grazia: Giannini domina la scena, gigioneggia impunemente, non azzecca mai il ruolo e sembra voler infastidire lo spettatore, relegando i più in forma Silvia De Santis e F. Murray Abraham a contorno. E il doppiaggio, dall’inglese originario, non aiuta anzi peggiora la situazione rendendo Ti ho cercata in tutti i necrologi qualcosa di peggio di un film (molto) sbagliato: un film che cerca la bruttezza senza rendersi conto di trovarla.
EMANUELE RAUCO