Inutile chiedersi quanti e di qual sorta filmati amatoriali continueranno ancora ad essere ritrovati nella storia del cinema, quello del found footage è un espediente ormai consolidato, che dai tempi di Cannibal Holocaust per passare poi al film “caso” degli anni ’90 The Blair Witch Project, proseguendo con episodi più recenti come Cloverfield, la serie di Paranormal Activity o, in questa stagione, The Bay, ha offerto tutta una casistica differenziata di prodotti dove al basso budget si cercava di supplire con una esplicita ricercatezza nell’inventiva narrativa, teorica o magari anche metaforica. Ultimo in ordine di tempo è ora The Lost Dinosaurs di Sid Bennet, prodotto britannico girato con piccole (stavolta davvero minute) handycam poste nelle poco salde mani dei protagonisti e che spazia da momenti horror alla Blair Witch Project con cenni di voyeurismi notturni alla Paranormal Activity, al creature film alla Cloverfield senza dimenticarsi di inserire data la sua location esotica (alla Cannibal Holocaust) qualche elemento di critica militante ecologista alla The Bay.
A smarrire dei preziosi filmati questa volta è un gruppo di esploratori “criptozoologi” ovvero di quelli che girano il mondo alla ricerca delle prove dell’esistenza di creature come lo yeti o il Mostro di Loch Ness, scaturite da antiche credenze popolari. Capitanato dall’avventuriero Jonathan Marchant (una sorta di Indiana Jones, ma assai più acciaccato, incarnato da Richard Dillaine) il gruppo di impavidi si inoltra nel cuore più selvaggio del Congo sperando di incontrare una sorta di mostro preistorico che gli indigeni Mbuti chiamano Mokele Mbembe, probabile discendente dei cari estinti dinosauri. A turbare i ricercatori sarà però la presenza a sorpresa del figlio adolescente di Jonathan, l’adolescente Luke (Matt Kane) che inizialmente assai (anche troppo) osteggiato dal padre si rivelerà poi utile in quanto supergeek forse in grado di riparare l’unico cellulare satellitare a disposizione. Già perché la spedizione perderà presto la bussola e già al primo contatto con le bestiole preistoriche abbandona ogni input scientifico per trasformarsi in una lotta per la sopravvivenza.
Con un materiale così allettante era lecito dunque attendersi dalla pellicola di Bennet qualche sterzata in più sul versante gore, dato che le creature possiedono denti aguzzi e code dalla potenza a lunga gittata, ma The Lost Dinosaurs, gravato dalla spasmodica ricerca di un target “young adult”, preferisce tenere tutte le uccisioni fuori campo, optando per una caotica shakerata della telecamera a disposizione atta a rendere l’immagine indistinta, buia, ridotta a macropixel scomposti quanto censori. Per scoprire dunque chi è morto nell’ultimo raid preistorico, non resta che affidarsi ai personaggi, ogni volta costretti a dichiarare che “tizio” o “caio” sono, nel rammarico generale, passati a miglior vita. Non ha molto spazio d’altronde nemmeno il versante ecologista, ridotto alla semplice annotazione a margine che si limita ad attribuire alla deforestazione la ricomparsa dei feroci rettili, che poi non sono tutti così cattivi se è vero che – e in questo risiede l’unico vero elemento classico da film d’avventura indirizzato ai più giovani – tra Luke e il cucciolo di dinosauro da lui ribattezzato “Krypto” nascerà una splendida amicizia. Troppo poco orrorifico per spaventare veramente, limitato nelle situazioni avventurose da uno stile in presa diretta che non riesce a trovare una sua chiave personale di regia e gravato da un conflitto edipico persistente che mette a confronto un padre sempre accigliato e un figlio troppo poco carismatico per essere davvero l’eroe della situazione, The Lost Dinosaurs non riesce mai a spiccare il volo e si lancia nella mischia di questo primo scorcio di stagione cinematografica estiva alla ricerca di un pubblico che non ha ben identificato.
DARIA POMPONIO