Definirlo fuori tempo massimo sarebbe comunque un complimento. The Double, thriller spionistico con Richard Gere, incentrato su un agente della CIA in pensione che torna a dare la caccia a uno spietato assassino russo rincorso per anni durante la Guerra Fredda, sarebbe apparso di scarsissimo livello anche all’epoca del Muro. Intanto, cominciamo col dire che la definizione di “thriller” la si usa per abitudine e semplificazione, poiché di brividi il film ne concede pochi o nessuno: a una colonna sonora vintage ma abbastanza efficace, tesa fin dall’inizio e piuttosto incalzante, risponde una narrazione lenta, sbrindellata e “impreziosita” da perle di povertà di linguaggio cinematografico come i flashback sovraesposti e ovattati con effetti da filmino casalingo. Se a questo si aggiunge che l’unico vero “colpo di scena” della storia viene svelato dopo una manciata di minuti, sarà facile capire come il resto del film scorra senza un briciolo di tensione, portato avanti solo dai dubbi moralistici del protagonista: un Richard Gere palesemente in difficoltà di fronte a un tale circo di inutilità.
Per questo dobbiamo ringraziare il regista Michael Brandt e il produttore Derek Haas, che dopo averci deliziato della sceneggiatura dell’altrettanto insignificante Wanted, hanno pensato bene di fare il salto di qualità con un loro film che, intelligentemente, le major hanno tenuto chiuso in un cassetto per anni. Come ammettono le stesse note di produzione, quando i due sono riusciti a sbloccarlo, hanno avuto a disposizione un budget estremamente limitato. Questo rende inconsistenti e patetiche anche le scene d’azione, in teoria cuore del film, girate e montate senza nemmeno l’accortezza di rendere omaggio a quel cinema di serie B di un tempo, che almeno avrebbe ammantato l’operazione di una patina di nostalgia.
Wanted, almeno, fu reso popolare da una profusione non indifferente di effetti speciali e dalla presenza scenica di Angelina Jolie. Stessa attrice che, tra l’altro, l’anno scorso tentò pure di sfruttare il filone “vecchie spie sovietiche ancora infiltrate e operative negli Stati Uniti”, con il suo Salt. Anche il quel caso si trattava di un sottoprodotto, ma con qualche esagerazione a suo modo divertente e l’intuizione non errata di incentrare il tutto su una spia donna, rivisitando stereotipi ancora appannaggio quasi esclusivo dell’universo maschile. The Double non può contare nemmeno su questo, e così perfino il titolo finisce per suggerire il suo triste destino: essere un doppione, irrimediabilmente raffazzonato.
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