Il quartiere Rione Sanità a Napoli è risorto grazie ai suoi abitanti e solo l’anno scorso è stato visitato da oltre 160 mila turisti perché ritenuto finalmente sicuro e con attrattive come le Catacolpe di San Gennaro e San Gaudino, restaurate. La cultura lo ha sottratto al degrado come racconta il vitale documentario di Massimo Ferrari, dal titolo Rione Sanità – la certezza dei sogni, presentato fuori concorso alla 38esima edizione del Torino film festival, sul circuito #iorestoinsala e dal 27 febbraio 2021 su Sky Arte.
Dimostrare ad un padre che il suo percorso di vita non era sbagliato. Con una lettera di don Antonio Loffredo al padre imprenditore che aveva vissuto con grande delusione la scelta del sacerdozio del figlio inizia il film che, con una veduta aerea, ci porta direttamente nella chiesa, vera e propria fabbrica di progetti di un prete che captò il bisogno di cambiamento dei suoi parrocchiani e con loro attuò il processo che, a distanza di tanti anni, è ancora in atto perché il Rione Sanità diventasse avamposto di bellezza e di lavoro.
Don Antonio per farlo punta sulle donne, su coloro che da sempre – come dice nel documentario – si fanno carico della famiglia e della cura dei figli e sulle quali si può sempre contare. Le donne esasperate, arrabbiate, spaventate che non volevano più vedere i loro figli innocenti uccisi per strada, in pieno giorno, solo perché si trovavano nel posto sbagliato, all’ora sbagliata.
La visione di Don Antonio Loffredo, anche grazie all’aiuto di diversi imprenditori che quella terra l’avevano lasciata per trovare fortuna altrove, è diventata una rivoluzione sociale, civile e culturale. Le cooperative dei ragazzi del quartiere oggi gestiscono le catacombe e gli altri luoghi di forte attrazione turistica. Dai più giovani è formata l’orchestra, il gruppo teatrale, la squadra di calcio del quartiere. Azioni concrete, messe in opera che hanno visto la loro realizzazione nell’arco di pochi anni conquistando così la fiducia e la credibilità di tutti gli abitanti.
Nella nostra intervista Ferrari precisa che il quartiere “non è stato salvato ma si è salvato” perchè tutti si sono sentiti parte del cambiamento, tutti protagonisti e tutti detentori di un patrimonio comune.
Il documentario sa essere una vera iniezione di positività puntando sui volti e sulle storie dei giovani che hanno alimentato il motore del progetto e la testimonianza della giornalista Conchita Sannito – con la quale Ferrari ha scritto il film – aiuta ad avere una visione completa del percorso compiuto: dagli anni bui, quando il quartiere era in mano alla criminalità organizzata e si sparava per le strade, a quello che sta cercando di essere oggi.
Blasco Giurato, con la luce piena che riesce a catturare anche nei vicoli più stretti, restituisce tutta la positività che circonda la rivoluzione.
Enzo Fonicello regala musiche non scontate che catturano totalmente lo spirito dell’opera.
giovanna barreca