Le prime due scene di Vera de verdad di Beniamino Catena, presentato fuori concorso al Torino film festival, ci regalano subito tutti gli elementi per poter entrare in una storia che unisce thriller, fantascienza, documentario e fantasy. Nella prima una bambina di 11 anni appassionata di stelle, di pianeti è seduta davanti ad uno specchio nella sua stanza, disegna due stelle che entrano in collisione e parla della paura della morte del suo amato cane, tanto malato. Nella seconda, con un campo lungo, veniamo portati nell’osservatorio Alma nel deserto cileno. Diverse sequenze dopo, quello specchio, è come se la bimba lo avesse attraversato andando in quel luogo dove si possono osservare a occhio nudo le sue amate stelle ed esser, in un certo modo, più in connessione con esse. Vera, dal promontorio di Punta Crena a Finale ligure, dal quale getta le ceneri del suo amato cane si ritrova a vivere nel corpo di Elias (Marcelo Alonso) che, in quell’osservatorio dall’altra parte del mondo lavora e che si risveglia dopo un attacco cardiaco e la certificazione dell’avvenuto decesso da parte dell’infermiere dell’ambulanza che lo ha soccorso.
Vera (Marta Gastin), due anni dopo l’incidente, da quel mare nel quale tutti pensano sia precipiata lanciandosi dal crinale, ritorna ma non come adolescente ma come giovane donna e solo la madre (Anita Caprioli) crede, spinta da amore e forse disperazione, che possa essere davvero sua figlia. Elias, dal Cile, cerca di capire chi abita il suo corpo e perché, cercando di mettere a posto anche il rapporto tormentato con sua figlia, dalla quale si era separato anni prima.
Nella nostra intervista il regista ci racconta come sia nato il soggetto di questa storia che definisce molto intima e capace di unire fantascienza e sentimenti. E si sofferma a raccontare l’importante lavoro sullo spazio presente nel film che diventa uno dei protagonisti più importanti della storia.
Anita Caprioli ci spiega come tutti hanno lavorato sui sentimenti dei personaggi e come la donna, la madre che interpreta arrivi a “riconoscere” la figlia, a far prevalere l’istinto materno che non ha bisogno di spiegazioni perché ancestrale e istintivo.
Colonna sonora dei Marlene Kuntz che il regista conosce da anni perchè con loro ha realizzato diversi videoclip, già a partire dagli anni ’90 e che nel film hanno saputo arricchito le suggestioni regalate da luoghi così distanti geograficamente ma che vogliono e riescono a dialogare, grazie alla protagonista.
Per gli appassionati di fantascienza, sarà facile riconoscere un omaggio a Jupiter Ascending di Lana e Lilly Wachowski perchè Catena inserisce una scena gemella con la protagonista e le api.
giovanna barreca