Dalla nostra inviata Lia Colucci
Ascolta la conferenza stampa al Festival di Cannes del film:
Comincia con il film di Julia Leigh :Sleeping Beauty la vera e propria competizione di questa 64esima edizione del Festival di Cannes. Si tratta dell’opera prima della Leigh, che però ha un passato come romanziera, infatti i suoi due libri The Hunter (1999), da cui è stato tratto un film per la regia di Daniel Nettheim con Willem Dafoe, e Disquiet (2008) si sono rivelati veri e propri successi editoriali. Questa volta ci prova con la macchina da presa e sotto l’ala protettiva diJane Champion si butta a capofitto in una storia da lei ideata Sleeping Beauty, appunto. Una vicenda supponente e piuttosto inutile in cui l’autrice tira in ballo come fonte d’ispirazione Yasunari Kawabata e Gabriel Garcia Marquez, tanto rumore per nulla direbbe Qualcuno, per raccontarci le vicende esistenziali di Lucy (Emily Browning), un’universitaria dalle molte facce, che per pagarsi gli studi finisce col fare mille lavoretti ed in più arrotonda il lunario con una sorta di prostituzione.
Un giorno risponde ad un annuncio sul giornale universitario e la sua vita cambia radicalmente: dovrà giacere nuda e addormentata nel letto della garbata maitresse Clara ed accontentare i clienti che possono usarla come un oggetto, venerarla, ma non possederla. Si tratta per lo più di clienti vecchi e ricchi: tra questi addirittura un amante della cultura che si mette a declamare scrittori raffinati con rimandi a Sartre e Sade. L’apoteosi si raggiunge però quando il miglior amico di Lucy si suicida e la protagonista neanche tenta di salvarlo. Insieme ai tanti e troppi elementi si solleva anche il dramma dell’eutanasia, in questo caso indotto sia dalla solitudine sia dall’alcolismo da cui il ragazzo non riesce ad uscire. In questa pellicola viene meno lo scarto tra narrativa e cinema tra ciò che si guarda e quello che si racconta, la Leigh si incarta nelle citazioni e nello sforzo immemore di sembrare colta ma non coglie un passo importante della contemporaneità: la leggerezza e la spontaneità nonché la bellezza delle immagini. Lasciamo fare ai Padri Fondatori il loro mestiere di affondare nei gorghi del dubbio, del meta-cinema e quant’altro. Almeno loro lo sanno fare.