Sguardi sonori – Viaggio tra le sette note composte per la settima arte – a cura di Emanuele Rauco
Come i sodali Manetti Bros., Pivio è un compositore che ha fatto la sua fortuna grazie alla collaborazione con Aldo De Scalzi. Ma per la colonna sonora di Paura, nuovo film e primo horror dei fratelli, il compositore ha lavorato da solo dando vita a un progetto molto composito.
Lo score di Paura infatti gioca prevalentemente con le atmosfere elettroniche e industrial con cui da sempre Pivio flirta, e che danno una sensazione di disagio che serpeggia per gran parte del film, ma non rinuncia a ritmi urbani e contemporanei e così si apre a collaborazioni con artisti hip hop e heavy metal – nazionali e non solo – che aumentano il respiro della colonna sonora.
Aperto dallo stridente Il bosco dell’orco, che già fa intuire il tono dell’ibridazione fra i generi, l’intera partitura si muove tra suoni consoni al genere – specie alle sue derive contemporanee, come si sente in La tortura e nel Risveglio, in cui il ritmo pulsante implode nell’uso dei pattern elettronici, o come nel dittico La rivoluzione del taxi e L’auto dell’orco in cui l’ironia funky si mescola agli archi dissonanti. Ma a fare “rumore” ci sono le canzoni, collaborazioni con artisti emergenti che danno un senso diverso all’operazione: Nessuno ce la fa con Danno dei Colle der fomento e Tu mi conosci con Chef Ragoo mostrano la rabbia repressa delle città che esplode nella violenza sonora di One Thousand Memories dei Sadist (tra i migliori gruppi metal italiani in circolazione), del doom opprimente di Katabasis di The Wisdoom e del finale, con Ogre’s Lullaby, composta per l’occasione dagli storici Death SS.
Un’altra prova all’altezza della situazione per Pivio, che oltre a dare un perfetto spessore sonoro al film dei Manetti sa aprirsi a suggestioni diverse, le fa sue, amplia lo spettro sonoro dei film per cui compone. E nell’industria italiana, sempre troppo chiusa, è un pregio non da poco.