Sguardi sonori a cura di Emanuele Rauco
Rachel Portman è una compositrice che si è sempre mossa al confine tra classico e moderno, sia nell’uso dei materiali sonori della musica colta, sia nella riflessione teorica sul ruolo e la consistenza della musica per film, sia nella scelta stessa delle pellicole da musicare (il suo curriculum va da Emma di McGrath per cui vinse l’Oscar a The Manchurian Candidate di Demme). Il suo ultimo lavoro è un esatto simbolo di questa operazione “di confine”: Non lasciarmi, il nuovo film di Mark Romanek che narra una storia di straziante romanticismo in un contesto da science-fiction. Portman utilizza infatti il classico armamentario di musica da camera (un arco solista, violino o violoncello, altri archi a far da tappeto e piano a scandire l’atmosfera) per sussurrare le emozioni che lo stesso Romanek tiene sottotraccia e far crescere in modo quasi parallelo la tensione orrifica dell’assunto.
Il vero limite sta paradossalmente nella forza dell’opera di Portman, ossia nella struttura classica della musica cinematografica applicata all’esigenza moderna di scavare, costruire narrativamente le emozioni con le note: così, il pregevole lavoro strumentale e melodico si scontra con la ripetitività di una partitura tutta centrata su un tema. Esposto in The Pier e poi ampliato nei Main Titles, il nucleo melodico e armonico principale ritorna nell’affascinante Bumper Crop, nella melanconica Madame Is Coming, nella più cupa Making Tea, nell’estenuata Life As a Carer dando all’ascoltatore un profondo senso di monotonia, che è un po’ anche il limite del film. Riscattandosi nel finale con Never Let Me Go, la canzone soul che dà il titolo originale a film e libro di partenza e fa da leit-motiv. Portman sa usare gli strumenti per avvolgere il pubblico, ma in questo caso non ha sviscerato davvero i temi del film e le sue suggestioni, realizzando uno score che suona bene, ma che suona sempre allo stesso modo.
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