Dal nostro inviato ALESSANDRO ANIBALLI
Ascolta l’intervista di RADIOCINEMA al regista:
Come ogni anno, la selezione di Italiana.doc presenta una serie di sorprese, film capaci di andare in direzione eccentrica rispetto ai canoni del cinema documentario, ridefinendone ogni volta i limiti e, anzi, ampliandoli. È quanto è già successo in questa edizione con Freakbeat, documentario ribelle nei confronti dei topoi del genere, ed è quanto succede ora con (S)comparse di Antonio Tibaldi, film costruito all’ombra del set di Terraferma di Emanuele Crialese. I due registi sono amici da diversi anni e questo ha permesso a Tibaldi di accordarsi con Crialese per seguire le giornate di lavorazione di Terraferma, non con l’intenzione del consueto backstage, quanto con l’obiettivo di osservare cosa succedeva intorno al film girato a Linosa, isola vicina a Lampedusa.
Quel che emerge vedendo (S)comparse è una sostanziale destrutturazione di Terraferma e, forse, di tutto il meccanismo cinematografico tradizionale, fatto di grandi attrezzature tecniche, un gran numero di comparse, luoghi che vengono occupati tra la perplessità degli abitanti del posto, ecc. Come un pesce piccolo che si muove ai fianchi di una balena e che dimostra ben maggiore agilità e spirito di osservazione per i particolari, Tibaldi riesce a superare l’inevitabile rigidità di Terraferma (costruito secondo un’impostazione da cinema classico) raccontando così i marginali del set, le comparse africane e i nativi di Linosa. È come se emergesse allora il fuori campo del film di Crialese: un pescatore che si lamenta della ricostruzione di una scena perché troppo edulcorata, una signora che si dispera silenziosamente perché le viene chiesto di girare nella sua cucina e non riesce a dire di no, i ragazzi africani che fanno da comparse e raccontano la loro vera esperienza di migranti. E (S)comparse, al di là della particolare relazione che intrattiene con Terraferma, lavorando per l’appunto ai fianchi del cinema istituzionale ne svela la sostanziale inadattabilità al reale, una finzione che si costruisce non partendo dalla realtà ma sovrapponendosi ad essa. E forse è un cinema come quello di Tibaldi, così ricettivo rispetto a quanto accade attorno a lui (il regista lavora completamente da solo, non ha troupe), l’unico cinema in grado di mostrare la complessità di quel che sta accadendo in questi ultimi tempi tra Linosa e Lampedusa, i continui e disperati sbarchi dei migranti e l’atteggiamento contrastato di chi li deve accogliere.