Per individuare le tipologie del pubblico dei film Digital Monitor ha presentato oggi a Roma una ricerca dal titolo Sala e Salotto commissionatagli dall’Anica e curata da E-Res. Quello che emerge è un quadro in cui se davvero si vuole aiutare tutto il comparto è necessario studiare una ricetta ad hoc per portare al cinema quei 14 milioni di italiani che in sala non mettono piede da anni. L’analisi parte dai dati dell’anno scorso quando sono stati i 120 milioni di biglietti venduti a circa 27 milioni di persone del 2010. Gli italiani over 15 si dividono quasi a metà: circa 27 milioni nell’arco dell’anno si sono recati al cinema e quasi 25 milioni di persone nemmeno una volta. Tra i 27 milioni di utenti attivi la frequenza non è omogenea: più della metà (il 56%) è andata al cinema tra 1 e 4 volte l’anno (15,4 milioni); un terzo (9,3 milioni) ci è andata tra 5 e 14 volte; e solo il 6% (1,6 milioni) ha comprato tra i 15 e i 20 biglietti. Il pregresso e le intenzioni per il 2011 sono in linea con il 2010, anche se con un primo semestre in lieve calo. Il pubblico più fedele al cinema in sala mantiene la frequenza, e cresce un poco. E’ oscillante la frequentazione dichiarata dal segmento forte e più numeroso (gli utenti che acquistano da 5 a 14 biglietti l’anno). Ma, proprio per la sua consistenza, una piccola differenza di consumo di quei 9 milioni di persone (dato 2010), con la conseguente riduzione della dimensione di quel segmento, può comportare una significativa differenza di biglietti staccati a fine anno. In lieve aumento, quelli che non vanno “mai cinema al cinema”. Per cui il saldo previsionale per il 2011 è di -4% biglietti totali a fine anno. Quello che va considerato si divide in 3 punti fondamentali: a condizionare l’intero mercato cinematografico sono le abitudini di circa 10 milioni di italiani (il 21% degli over 15). Dei 25 milioni di persone che non sono andate al cinema nel 2010, ben 14 milioni ci ha messo piede l’ultima volta oltre 5 anni fa. Tra i motivi di quest’assenza gli intervistati hanno citato problemi di spostamento/distanza; altri impegni; costi elevati, ma in prima istanza che guardano i film in tv, preferibilmente su canali non a pagamento. Terza e ultima voce la top three di cosa invece manda le persone al cinema: al primo posto un’informazione informale fatta per lo più di passaparola, consigli di amici, seguono la visione di trailer, la logistica e i servizi offerti dalle sale vicino casa e solo al quarto posto, fuori piazzamento insomma, le opinioni della stampa specializzata fatta di quotidiani, riviste di settore e blog. Da tenere a mente anche la morfologia del pubblico dei “mad for cinema” ovvero dello zoccolo duro di amanti della settima arte che va in sala con qualunque stagione e clima e che fruisce dei film d’autore, un pubblico di cinephiles che risulta essere formato per la maggior parte da donne. Non solo, i cinema-mad sono anche avidi consumatori radiofonici con un ascolto giornaliero di circa 2 ore.
Un quadro disomogeneo quello presentato dalla ricerca che però lascia intravedere delle possibili soluzioni. Intanto i dati non sono negativi, ma parlano di una leggera flessione, tra l’altro ipotizzata e ad oggi non certa, e poi Sala e Salotto fa emergere un’altra importante caratteristica della fruizione di film in Italia, quella cioè per cui i cinema non si scontrano con altri mezzi. Tv, pay tv, Internet: la sala non è nemica di nessuno come ha sottolineato nelle sue conclusioni anche Riccardo Tozzi, il presidente Anica: “Il vero concorrente dei nostri cinema è la mancanza di un vero appeal. Non siamo ancora in grado di esercitare una vera attrattiva nei confronti di quegli spettatori che invece potrebbero tornare in sala. Penso soprattutto a quegli 8 milioni che hanno difficoltà più che altro logistiche e pratiche. Se i ristoranti sono diventati cool perchè non possono farlo anche le sale?”. Più concentrati sull’ampliamento e salvaguardia del pubblico di cinephiles gli altri due esponeneti Anica, Angelo Barbagallo e Filippo Roviglioni, rispettivamente presidente dei produttori e dei distributori dell’associazione. “Non si può più rimandare l’ampliamento della platea. Ormai al cinema vanno i giovani, che non hanno una casa propria e sono orientati ai titoloni americani, e gli affezionati che scelgono il cinema d’autore. Per loro, che continuano ad essere lo zoccolo duro, possiamo provare anche a studiare campagne meno costose visto che sono già interessati al prodotto di qualità”. Dello stesso avviso Roviglioni che portando l’esempio del lancio di Noi credevamo, partito con sole 30 copie e diventato un successo pluripremiato, ha detto: “Ho sempre pensato che i cinephiles fossero più agé, ma non importa l’età quello che conta è che questa fetta di pubblico risponde bene e capisce anche pellicole come quella di Martone. E’ davvero una bella cosa per il presente e il futuro”.