2^ stagione: il ritorno mozzafiato di Freddo e soci
22/11/10 – E’ tornato su Sky Cinema il successo seriale più clamoroso e inaspettato della serialità italiana contemporanea, probabilmente la miglior serie tv italiana di sempre: Romanzo criminale la serie torna con i 10 episodi della seconda stagione, diretta da Stefano Sollima, scritta con Daniele Casarano e supervisionata da Giancarlo de Cataldo, che chiuderanno la fosca e travolgente storia della banda della Magliana.
Il racconto parte subito dopo la morte di Libano: la banda ora capitanata da Freddo e Dandy deve trovare gli assassini, riorganizzare la banda ed evitare di dissolversi sotto le pressioni di chi vorrebbe coinvolgerli in più oscuri giri di potere. La prémière di questa stagione ha il difficile compito di proseguire e chiudere il racconto lasciato in sospeso nel finale precedente e rilanciare le trame sempre più complicate che porteranno alla fine dell’epopea. Più che le indagini o gli intrighi di potere, la guerra politico-criminale che sarà il fulcro del ciclo, l’episodio si concentra sul rapporto tra i membri di una banda che rischia lo sfascio ogni secondo, sulla solidarietà virile che s’instaura tra i “sopravvissuti”, ma anche sull’inizio del declino del connubio tra Freddo e Dandi che sarà la rovina della gang, che culmina con la bellissima sequenza del saluto laico a Libano, il funerale non ufficiale a base di cacio e pepe. Sollima e soci sono bravissimi a dare un respiro fosco e tragico al sottoproletariato, alla loro cultura, alla loro lingua e dimostrano ancora una volta di avere come riferimento la grande narrativa tv americana come dimostra l’accorto uso pop-rock in colonna sonora (Libano all’obitorio accompagnato dai Kinks).
La sceneggiatura va cauta, delinea intrecci e personaggi ma si tiene le cartucce migliori per gli episodi successivi (così come HBO e via cavo USA insegnano), mentre Sollima è più sicuro e libero – visto il culto crescente che ha portato la prima stagione a vendere più dvd di House e Lost – nell’usare angoli di ripresa e luci e nel dirigere un cast che, tolto il ripetitivo digrignare del pur bravo Francesco Montanari, è sempre più perfetto in volti, voci, gesti. Un’altra serie è possibile, come si diceva in Boris.