Nella capacità di mettere insieme cose mai messe insieme prima, risiede il vero talento e Damiano Micheletto ne è davvero dotato e firma la regia del film opera: Rigoletto al Circo Massimo, dove contamina i linguaggi del teatro e del cinema, indagandone i codici, con una grande libertà.
Laureatosi in lettere moderne presso l’Università di Venezia e poi presso la Scuola d’Arte Drammatica di Milano Paolo Grassi, Micheletto si dedica alla regia teatrale (sia per il teatro lirico, sia per la prosa) e i suoi spettacoli vengono presentati in tutti i teatri più prestigiosi del mondo: dalla Scala, all’Opéra di Parigi, da Tokyo a Londra, da Vienna a Madrid. Tanti i riconoscimenti: il Laurence Olivier Award, l’Irish Time Award, il premio russo Casta Diva, il Premio Abbiati della Critica Musicale Italiana, l’Österreichischer Musiktheaterpreis, il Reumert Prize, il Melbourne Green Room Award.
Rigoletto al Circo Massimo, presentato in anteprima alla Festa del cinema di Roma, sedicesima edizione – non è solo il primo progetto post pandemia allestito in un teatro di 1500 mq (com’è il Circo Massimo) ma vuole essere un’opera/film. Micheletto mette in scena l’opera di Verdi, partendo dal forte aspetto drammaturgico presente nel lavoro di Victor Hugo – da cui è tratta l’opera di Giuseppe Verdi – e sul palcoscenico monta un maxi-schermo gigante che, con l’uso di diverse telecamere, soprattutto tre steadycam permettono allo spettatore un’esperienza immersiva, offrendo un nuovo punto di vista, un’inquadratura diversa, una partecipazione e una presenza diversa nell’opera. Un meccanismo palesato dalla prima inquadratura con gli operatori in campo e quindi un nuovo dialogo tra opera e cinema.
Il Rigoletto del 1851 e che quindi ha 170 anni qui è letto da Micheletto per ciò che era dall’inizio: “un’opera rivoluzionaria con le caratteristiche del noir” precisa il regista durante la nostra intervista. Un’opera dalla matrice umana molto forte e crudele. Il regista trasforma un’automobile in una casa, una giostra in un’altra e Mantova diventa un posto, “da qualche parte in Jugoslavia”.
Protagonisti dell’opera Roberto Frontali, Rosa Feola, Ivan Ayon Rivas, Riccardo Zanellato, Martina Belli, Gabriele Sagona. Il coro e l’orchestra sono quelli del Teatro dell’Opera di Roma, diretti da Daniele Gatti, per un progetto prodotto dal Teatro dell’Opera di Roma in collaborazione con Indigo Film e con Rai Cinema.
Al film è legato anche Rigoletto 2020, Nascita di uno spettacolo di Enrico Parenti, film documentario che racconta la genesi del lavoro di Micheletto, perché era importante lasciare traccia di questa prima contaminazione tra le arti e perché si è trattato della prima grande produzione in Europa (estate 2020), post lockdown dove le difficoltà (soprattutto quella della distanza necessaria tra attori) si sono trasformate, per la maggior parte, in nuove idee espressive. “I problemi sollecitano la fantasia di un regista” chiosa Micheletto.
giovanna barreca
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