Un po’ di politica in concorso al Festival del Film di Roma
(Dal nostro inviato Alessandro Aniballi)
17/10/09 – Dopo Triage, sofferta riflessione su come la guerra riesca a insinuarsi pericolosamente nelle profondità dell’animo umano, il Concorso del Festival Internazionale del Film di Roma continua a essere venato da tematiche politiche: esplicite anche se un po’ retrò in Dawson Isla 10, maggiormente filtrate e “datate” ma più “militanti” in Viola di mare.
Il primo è il nuovo contributo del regista Miguel Littin alla drammatica storia del suo paese, il Cile, e in particolare al modo criminoso in cui Allende nel ’73 fu destituito da un colpo di Stato militare. Littin adatta un libro di Sergio Bitar, ex-ministro del governo Allende, in cui viene raccontata la prigionia cui furono costretti i collaboratori del Presidente in seguito al golpe. Le intenzioni sono decisamente nobili: si vuole condannare la brutalità dei militari (in particolare degli “alti papaveri”, più che delle semplici reclute) e allo stesso tempo si vogliono ricordare il patriottismo e l’umanità di un gruppo di politici e intellettuali costretti a un lungo e kafkiano isolamento dal mondo civile. Ciò non toglie che Dawson Isla 10 sia un film mal riuscito, confuso, incapace di caratterizzare i vari e numerosi personaggi, grossolano e kitsch in alcune soluzioni estetico-narrative (si vedano le apparizioni in flashback di un simil-Allende, il cui volto è tenuto approssimativamente fuori-fuoco e che, in procinto di morire, regala enfatiche parole di conforto ai suoi compagni, colleghi e amici). Insomma, come spesso capita al cinema “impegnato”, l’intento didattico prevale sul resto, lasciando sul campo una serie d’ingenuità narrative e visive. È importante comunque, quantomeno per la salute attuale della vita politica cilena, che il film sia stato candidato agli Oscar per rappresentare il proprio paese.
Altra ricostruzione d’epoca, ma in questo caso ottocentesca, è Viola di mare di Donatella Maiorca che torna al cinema ben undici anni dopo Viol@. Nel raccontare una storia d’amore tra due donne, in cui una alla fine è costretta persino a fingersi maschio, il film della Maiorca è prima di tutto la sincera e appassionata messa in scena di una relazione a base di “amorosi sensi” ma, vista la situazione politica e sociale che ultimamente stiamo vivendo in Italia, diventa anche (o si speri che diventi) un importante contributo al dibattito sull’omosessualità, orientamento sessuale che continua a essere condannato e criminalizzato da buona parte dell’opinione pubblica, da politici di vari schieramenti, dalla Chiesa, ecc. Viola di mare è in fin dei conti un buon film, che si fa forza dell’umanità delle due eroine innamorate (molto brave sia Isabella Ragonese che Valeria Solarino) e che non è reticente nel mostrare beltà e orrori dell’essere umano. Non tutto funziona però, a partire dalla colonna sonora orchestrata per l’occasione da Gianna Nannini (sinceramente le schitarrate in un film in costume stonano un po’), per passare al personaggio di Ennio Fantastichini, novella incarnazione del Male, e per finire a una sceneggiatura a tratti sbrigativa che si libera senza ritegno di alcuni personaggi quando non servono più. Non si può comunque non apprezzare la visceralità del secondo lungometraggio della Maiorca, carnale, violento, terragno; aggettivi che purtroppo si spendono di rado per il cinema italiano contemporaneo.