Ascolta l’intervista di RADICOINEMA a:
Presentato in concorso al 5° festival internazionale del film di Roma
(Dalla nostra inviata Giovanna Barreca)
02/11/10 – L’Asia per Italo Spinelli è da sempre una terra di grande indagine sia per i suoi documentari che per i suoi reportage e anche grazie al Festival del cinema asiatico – Asiaticafilmmediale – che dirige a Roma dal 2000, motivo di ricerca e di studio. Per trasporre “Dietro al corsetto” della grande scrittrice indiana Mahasweta Devi, che parte dal racconto dello scatto fotografico su un seno come prima tappa del tragitto tragico di una donna, il regista si è affidato alla finzione filmica, ma soprattuto al testo scritto, anche perché Devi è una delle voci più influenti di tutta l’India, tra le autrici più famose della letteratura bengalese, impegnata da anni a livello politico e sociale a favore delle comunità emarginate: oggi la foresta è stata distrutta e i gruppi tribali sono diventati una forza lavoro itinerante.
Ammettiamo da subito che il film non ci ha convinti particolarmente e troviamo non facilmente spiegabile la sua presenza in concorso, perché non focalizza mai lo sguardo della macchina da presa e dello spettatore sulla vicenda del fotografo Upin che, inviato in Begala per denunciare lo sfruttamento e la violenza sulle donne tribali, finirà per trasformare la denuncia in una condanna soprattutto per la bella Gangor, simbolo-immagine dell’inchiesta. Sicuramente l’impegno profuso è stato notevole e la produzione internazionale (Bibì film, Rai Cinema, Vinod Kumar) si racconta di un progetto largamente condiviso ma senza spessore narrativo: siamo spettatori lontani di una vicenda lontana che potrebbe riuscire – utilizzando la vicenda come metafora – a parlarci molto bene del presente nel mondo ormai sempre più intollerante. Le scarse qualità recitative dei protagonisti non ci aiutano ad appassionarci alla storia perché mancano di una vera passionalità, anche se Spinelli, soprattutto per il ruolo femminile, ha scelto uno dei volti più belli e famosi del mondo cinematografico di Bollywood. Abbiamo puntato tutta l’attenzione della nostra intervista al regista sull’indagare non tanto la vicenda ma soprattutto come secondo l’autore, l’oggetto dello sguardo cinematografico è cambiato negli ultimi vent’anni e cosa è diventata oggi l’etica dello sguardo per chi con l’immagine vive in diversi ambiti della comunicazione. Pensavamo che questo aspetto del film, visto che più volte si vedrà l’oggettiva della macchina fotografica, fosse il più interessante.