Il glaciale esordio nero di David Michod
(Dal nostro inviato Emanuele Rauco)
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01/11/10 – L’esordio nel lungometraggio dell’australiano David Michod arriva fuori concorso al 5° Festival internazionale del film di Roma già ammantato di allori e paragoni ingombranti, arrivando fino alla saga de Il Padrino di Coppola. Ma lo scetticismo che questa pubblicità preventiva può portare nello spettatore è dissipato dal valore di questa educazione criminale. Protagonista il giovane Joshua, rimasto improvvisamente orfano della madre. A occuparsi di lui ci penserà la nonna e la sua numerosa famiglia, meglio nota in città per essere una temibile banda di rapinatori a cui la polizia dà una caccia spietata. Saga familiare e noir disperato, il film scritto dal regista è un romanzo suburbano di formazione gangster che racconta un mondo à la Martin Scorsese con uno sguardo al cinema di Ken Loach.
Il film infatti, ispirandosi alla vera battaglia criminale tra poliziotti violenti e criminali che insanguinò le strade di Melbourne negli anni ’80, mette in scena una vicenda in cui la famiglia più che un appiglio è una sorta di cancro, un veleno che intossica la vita del protagonista fino a distruggere le sue prospettive e i suoi rapporti (dominati dall’ambigua nonna Janine). Michod – anche attraverso la musica – sonda proprio queste pieghe oscure, permettendo all’atmosfera di invadere le immagini, e gioca sui contro-tempi narrativi per spiazzare lo spettatore. La sceneggiatura calibra i ritmi e soprattutto i personaggi per creare un affresco inquietante, mai patetico, a tratti raggelanti, la cui violenza Michod sa togliere dalle ambigue grinfie della spettacolarizzazione e rendere elemento di un sistema visivo e sociale che, in modo sottile fa paura. Anche perchè il parterre di attori chiamati ha le facce dei veri sobborghi e il “sociopatico” Ben Mendelson (lo zio Pope) sa incarnare la normalità viscida del Male. Un esordio coi fiocchi.