Sixto Rodriguez è stato un cantante e compositore che fra il 1970 e il 1971 ha realizzato due album discografici, Cold Fact e Coming from Reality, più un terzo rimasto incompiuto, I’ll slip away. Quei due album pubblicati furono un flop e la sua carriera discografica terminò lì. Il giovane Rodriguez tornò alla sua vita di sempre di operaio nell’interland di Detroit. Non seppe mai però che nel Sud Africa, i suoi lavori erano più noti di quelli Bob Dylan, i suoi dischi più venduti e ascoltati di quelli dei Rolling Stones; la sua musica inoltre è stata una rappresentazione della lotta anti-apartheid tanto che molti colleghi di quel Paese utilizzarono la sua poetica a modello. D’altro canto nemmeno le folle di fan sudafricani di Rodriguez sapevano che fine avesse fatto; circolava la notizia che fosse morto molto giovane. E illazioni sul motivo della sua morte se ne sentivano a iosa, si diceva addirittura che si fosse suicidato dandosi fuoco durante un concerto. Fu così che un paio di suoi più accaniti ammiratori, Stephen Segermen (soprannominato Sugar come Sugar Man, la canzone più popolare di Rodriguez) e Craig Bartholomew Strydom, negli anni Novanta si sono messi sulle sue tracce utilizzando come indizi i dettagli delle sue canzoni . Una ricerca certosina che li ha condotti ad una sorprendente verità… Rodriguez è vivo! Da qui riparte la rinascita di un musicista che tutti hanno dimenticato, o meglio che quasi nessuno fuori da Sud Africa ha mai saputo chi fosse, ma che ha scritto e dato la voce ad una musica intensa e ricca di ritmo e sentimenti.
Malik Bendjelloul, esordisce dietro la macchina da presa raccontando con Sugar Man una storia che ha dell’incredibile sviluppando la struttura narrativa del documentario attraverso quella del giallo. Che fine ha fatto Sixto Rodriguez? Il regista, infatti, non svela subito la verità, cosicché lo spettatore che non conosce Rodriguez è ignaro di questo dettaglio. L’autore pertanto penetra nella vicenda raccontando in maniera stringata la carriera dell’uomo e il suo successo straordinario di super star in Sud Africa. Nel mettersi sulle sue tracce e trovandolo nel 1998, Segermen e Strydom in qualche modo hanno concesso con il loro impegno una rinascita della carriera di Rodriguez, che da allora ha dato una serie di concerti registrando il tutto esaurito nel Paese dove è più amato. Bendjelloul realizza un film documentario a metà fra la rievocazione storica e la biografia, il ritratto di un personaggio misterioso i cui dettagli di vita restano volutamente nell’ombra perché in fondo Sixto Rodriguez parla attraverso la sua musica, che all’interno del film ripercorre di canzone in canzone le tappe di un’esistenza ricca di poesia e musicalità. È infatti attraverso la sua musica che Bendjelloul costruisce l’intero film suddividendolo, anche se non in maniera troppo evidente in capitoli attraverso i titoli delle canzoni di questo mito vivente. Le note sono così le vere protagoniste della pellicola più del protagonista stesso, schivo e riservato, lontano dal mondo dei riflettori. E per questo, l’autore sceglie un’estetica filmica stringata, intervallando ogni capitolo attraverso una grafica animata che ricalca poi un’inquadratura reale, che lascia spazio alla periferia di Detroit, alle immagini di repertorio del Sud Africa, alle riprese amatoriali, alle interviste. Una pellicola interessante non tanto per la sua struttura narrativa quanto piuttosto per la figura stessa di un uomo che non lascia trasparire molto di sé, se non attraverso le parole incise sul disco. Sono le sue note, tutte da scoprire, che si delineano sulle immagini, il tono acre della sua voce a commuovere, la sua figura schiva nascosta dietro gli occhiali da sole a incuriosire. Il ritratto di un uomo che non sembra vivere nell’amarezza per una carriera che avrebbe potuto avere 40 anni fa e che non ha avuto. Sixto Rodriguez è invece piuttosto divertito da un successo di cui non ha mai conosciuto per quasi trent’anni gli effetti e a cui tuttora non sembra molto interessato. È forse questa la chiave di lettura di una figura umana ricca di sfumature. Una storia che nell’era di internet non sarebbe mai potuta accadere. E in questo il film, che aprirà Biografilm Festival di Bologna, dopo aver vinto a febbraio l’Oscar come miglior documentario in live action, si apre ad altre riflessioni.
ERMINIO FISCHETTI