Ovunque tu sarai

Ci sono eventi, nella vita personale di ogni tifoso innamorato, che segnano date spartiacque. Da quel momento in poi, forse, nulla sarà mai più come prima.

Prova a raccontarlo, attraverso la cifra della commedia on the road, l’esordiente Roberto Capucci. Che torna al 5 marzo 2008, quando la prima Roma di Spalletti espugnò il Santiago Bernabeu battendo 2-1 il Real Madrid (reti di Taddei e Vucinic), vittoria che portò la compagine giallorossa ai quarti di finale di Champion’s League.

Interpretato da Primo Reggiani, Ricky Memphis, Francesco Montanari e Francesco Apolloni (anche sceneggiatore), Ovunque tu sarai segue il viaggio di Francesco, prossimo al matrimonio, Carlo (pokerista e ludopatico), el Loco (primario di una clinica sessuomane e alcolista) e Giordano (fobico e scaramantico a livelli maniacali, fratello di Francesco): il traguardo sarà il Santiago Bernabeu, ma il percorso lungo la Spagna – dove incontreranno anche la bellissima Pilar (Ariadna Romero) – permetterà loro di fare chiarezza sulle proprie esistenze e sulle tante insicurezze che si portano dietro.

D’altronde, come dichiarato dallo stesso regista e dagli attori, il calcio è solamente un pretesto per raccontare una grande storia d’amicizia. Particolarmente sentito, e sincero, il lavoro del debuttante classe ’75 offre giocoforza il fianco a qualche situazione e ingenuità di troppo, finendo per caricare oltre il dovuto alcuni momenti o caratterizzazioni (la “pazzia” di Apolloni alla lunga stanca, la scaramanzia di Montanari è oltre il limite di credibilità, o lo sfogo di Ricky Memphis, abbastanza gratuito, seppur causato da un “segreto” troppo duro da tenere solo per sé), ma coglie nel segno quando – soprattutto attraverso l’utilizzo di alcuni flashback – delinea il percorso formativo di ogni tifoso che si rispetti, vedi il protagonista bambino che assiste, in diretta Rai, all’errore dal dischetto di Graziani nella maledetta finale di Coppa Campioni tra Roma e Liverpool, nel 1984.

Perché è da partite come quella, da serate così drammatiche, che l’amore nei confronti della propria squadra del cuore cresce ancora di più: “La mia infanzia è finita in quel momento”, dice la voce fuori campo del protagonista. E sfidiamo qualsiasi supporter giallorosso, di qualunque età (anche chi ancora non era nato), ad ammettere il contrario.

 

Valerio Sammarco per cinematografo.it