Maradonapoli

Victoria è una madrilena trapiantata a Berlino dove lavora come barista. Una notte, all’uscita da un locale notturno, conosce il carismatico Sonne e il suo gruppo di amici, “berlinesi veri”; dapprima all’insegna del flirt e della goliardata giovanilistica, l’incontro comincia pian piano a svelare un fondo oscuro ed enigmatico. Sonne propone a Victoria di accompagnare lui e i suoi amici ad un appuntamento al quale sembrano non poter rinunciare: le spie di qualcosa di poco pulito non mancano, ma Victoria accetta.

Su queste scarne premesse, che potrebbero adattarsi a centinaia di film tradizionali, il regista tedesco Sebastian Schipper e il direttore della fotografia/operatore Sturla Brandth Grøvlen (fondamentale il suo apporto) raggiungono il colmo dell’ambizione costruendo un unico, formidabile (e interminabile) piano sequenza della durata di oltre due ore. Senza stacchi di alcun tipo, dalle 4:30 del mattino sino allo spuntare del giorno, lo spettatore è letteralmente gettato nella mischia degli avvenimenti, testimone oculare (grazie agli “occhi” della camera) dello snocciolarsi inevitabile degli eventi sino al sanguinoso finale.

A imprese del genere il cinema non è nuovo. La memoria corre subito al colossale Arca russa del maestro Sokurov, ma l’ambientazione urbana, il modo di presentare i personaggi e una certa velleità di studio antropologico non possono non far pensare al Pusher di refniana memoria. Il nostro Victoria possiede, a ogni modo, l’innegabile fascino garantito dalla specificità della sua realizzazione: Schipper compone, anche grazie a una solida sceneggiatura, un poema notturno sull’autodistruzione giovanile, puntando sull’impressionante realismo della messinscena, mentre la mobilità estrema dell’operatore supplisce alla mancanza di montaggio.

Stupisce, infine, come la narrazione riesca persino a farsi, seppure a sprazzi, lirica e intimista approfittando delle inevitabili pause, tipiche del vissuto quotidiano, che le ellissi temporali e le cesure della più elementare grammatica cinematografica tendono abitualmente a escludere dalla visione. Idee da vendere e coraggio da leoni contraddistinguono un film sostanzialmente riuscito, perfettamente in equilibrio tra il dramma e l’action, e che non mancherà di farsi ricordare, negli anni, per la temeraria idea registica che ne sta alla base.

Gianfrancesco Iacono per cinematografo.it