Sguardi sonori – Viaggio tra le sette note composte per la settima arte – a cura di Emanuele Rauco
Il nome di Alexandre Desplat è uno dei più rinomati e sfruttati del panorama dei musicisti da film, nonostante questo, fa un po’ d’effetto vederlo nei titoli di testa di un film italiano, anche se il film in questione, Reality è di uno dei registi contemporanei più conosciuti anche all’estero come Matteo Garrone.
Desplat, per la metafisica fiaba del regista romano, sceglie di comporre una partitura che gioca per contrasto, che più che sottolineare il viscerale rapporto con la realtà delle immagini e della messinscena, segue il viaggio mentale del protagonista che finisce, letteralmente, ai confini della realtà, incapace di distinguerla dai suoi sogni di vanagloria.
E l’apertura con il tema principale, Reality, è indicativa: segue la magnifica panoramica aerea sulla carrozza iniziale con tutto l’armamentario della musica fiabesca, piani, triangoli archi e cori, ma anche un inquietante risvolto elettronico che fa da basso che puntella tutto il film. Senza trucco riprende il tema della title track rendendolo notturno e così Desplat prosegue nel creare, e al contempo distruggere, l’impalcatura del film: il sogno dorato di Cinecittà, le cadenze ambigue del Grande fratello ti guarda, la redenzione tra misticismo e ironia della Casa. Fino al Finale, speculare all’apertura, con un lunghissimo plongé all’indietro che arriva fino al cielo da cui è venuto, e che si apre alla liberazione, ma forse anche alla fine.
Se il film racconta che è impossibile capire, sempre e comunque quale sia la realtà, Desplat invece fa un’operazione anche teorica sulla musica per il cinema che diventa reale solo quando è accostata alle immagini, solo quando vista e udito respirano di comune accordo. Altrimenti è solo una realtà incompleta e distorta.