Pedro Lino per Le Batalha de Porto

Intervista al regista Pedro Lino a cura di Giovanna Barreca

Protagonista della 38esima edizione del Festival del Cinema Ritrovato è sicuramente la sala del cinema Modernissimo, riaperta da pochi mesi al pubblico. Una bellissima sala al centro della città che si aggiunge alle sale della Cineteca, del Dams, al cinema Europa, Jolly, Arlecchino, a Piazza Maggiore e a tanti gli altri spazi di visione, laboratori e conversazioni sul cinema, per una nuova edizione del festival molto ricca di grandi ospiti (Wim Wenders, Costa-Gavras, Alexander Payne per citare solo alcuni registi ospiti nei primi giorni) e di straordinari restauri. Il Modernissimo è stato riaperto al pubblico dopo oltre 14 anni con l’intento di riportare un luogo di cultura alla città perché, come precisa il direttore Gianluca Farinelli: “Una sala contiene una comunità ed è un luogo attraverso la quale raccontare anche la storia di una città e di un paese”.

E proprio da un documentario che racconta uno sforzo simile a quello italiano per riaprire il Modernissimo è dedicata la preapertura del festival. Il giovane regista Pedro Lino in Le Batalha de Porto, soprattutto grazie a un meticoloso e lungo lavoro archivistico, racconta cent’anni di storia della città di Porto e quattro generazioni vissute intorno al cinema Batalha, una presenza sfarzosa al centro della città, poi chiuso nel 1997 (dopo la proiezione di Titanic di James Cameron) e riaperto nel 2022, grazie al Comune. Del regista anche le immagini che hanno seguito i lavori di ristrutturazione, con il ritrovamento del murale dell’artista Júlio Pomar. Il regime aveva ordinato di distruggerlo ma i proprietari si limitarono a coprirlo, regalandoci oggi un’opera artistica simbolo della Resistenza alla dittatura.

Grazie a Alexandre Alves, figlio del direttore del cineclub che ruotava intoro al cinemae Margarida Neves, pronipote del fondatore della sala, lo spettatore viene traghettato lungo la storia del Batalha, iniziata nel 1906 quando Edmond Pascaud, un giovane migrante torna in patria con un proiettore Pathé (ancora a manovella) e, con il socio Silva Neves inizia ad organizzare proiezioni. Il successo li porta a sognare un edificio in mattoni da oltre 700 posti che prenda il posto dei loro primi capannoni in legno. L’edificio nasce in piazza Batalha nel 1908, illuminato da luce elettrica.

Pascaud abbandona ma Neves rimase, arriva la guerra, poi la terribile dittatura di Salazar dal 1933 e le proiezioni non approvate dal regime. Anni difficili dove Neves sceglie di investire forze – coinvolgendo molti membri della sua famiglia – e denaro (“Tutto ciò che avevamo” ricorda la nipote) in una nuova struttura ambiziosa: voleva alludere all’architettura brasiliana e alla cultura internazionale. Chiama Artur Andrade per la progettazione, Júlio Pomar per gli affreschi alle pareti e Antonio Braga per i bassorilievi per creare “una scatola ermetica e un foyer tutto illuminato perché fosse un faro sulla piazza”. Viene inaugurata nel 1947. Con amici quali Manuel de Oliveira – il regista nato, cresciuto e sempre vissuto nella sua città – inizia la loro Resistenza, anche attraverso il cinema.

Nel 1971 Salazar muore, finiscono 40 anni di dittatura ma il regime non crolla e il 25 aprile 1974 proprio fuori dal cinema Batalha sfilano i giovani del movimento rivoluzionario (la Rivoluzione dei garofani). Accanto alla sala principale nasce la sala Bebè per i film d’autore perché, come dice una delle programmatrici: “avevamo bisogno di realismo da cinquant’anni”.

Un documentario che lo spettatore vive come un viaggio affascinante dove le immagini di repertorio trovano una perfetta armonia con i piani sequenza di Lino che sembra cercare sempre una circolarità nel racconto degli spazi, come se tutto dovesse essere in armonia con le linee morbide della sala Batalha. Preziose le immagini di Manuel De Oliveira ancora giovane con amici che volevano un Portogallo diverso e più anziano mentre rilascia una breve intervista e poi copre con la mano aperta un’altra camera che lo stava riprendendo dal basso.

Pedro Lino ha iniziato la sua carriera con un corto d’animazione, raccontando – attraverso la commedia Alfonso Henriques, o primeiro rei -,  il primo re portoghese ed è tornato al passato e alla storia del paese perché poteva farlo attraverso una sala cittadina che ama. Un autore che si interroga sul futuro della Settima arte con la consapevolezza che: “vivere delle emozioni al cinema, insieme agli altri sia un modo insostituibile per scambiarci visioni del mondo”.

In sala con il regista anche la produttrice Olga Prud’homme per Kolam Productions che ricorda come Le Batahia de Porto sia un documentario, parte di una serie, incentrata sulle sale cinematografiche del mondo. Una seria arrivata al suo dodicesimo episodio dedicato ad un cinema nella città di Kiev. La sala chiusa all’inizio della guerra è stata riaperta poco dopo perché gli operatori si sono resi conto dell’estremamente importante per tutti i cittadini di tale spazio di condivisione e, nonostante il rischio bombardamento, l’affluenza oggi è superiore a quello degli anni prima della pandemia. Il cinema in guerra è un posto dove sentirsi vivi.

giovanna barreca