Dalla nostra inviata LAURA CROCE
Ascolta l’intervista di RADIOCINEMA al regista:
La memoria di una generazione che si sta spegnendo nel silenzio, gli occhi di chi ha vissuto la grande Storia e può testimoniare che ci fu un tempo di speranza, fiducia e solidarietà. Sono i bambini cresciuti nell’Italia del secondo Dopoguerra i protagonisti del documentario Pasta Nera di Alessandro Piva che ha riportato alla ribalta una delle storie nascoste nel passato recente del nostro Paese grazie ai materiali di repertorio del Luce e dell’Unione Donne Italiane. Si tratta dell’iniziativa, maturata in ambienti vicini al comunismo, che tra il 1946 e il 1952 portò migliaia di famiglie di lavoratori del Nord a ospitare bambini provenienti dalle zone più disastrate del Sud, strappandoli per un paio di anni alle macerie lasciate dalla guerra. Un episodio di cui difficilmente si fa menzione quando si ripercorrono le cronache dell’epoca, ma che rivisto oggi risulta commovente non solo per chi visse in prima persona quell’enorme gesto di solidarietà: è anche il tipo di ricordo che manca alle nuove generazioni, disilluse dall’attualità italiana e internazionale, per provare a recuperare un rapporto con un’identità capace di andare oltre la retorica dei media e le grida scomposte di fronte a una partita di calcio.
I protagonisti di questo incredibile scambio al di là delle barriere (la lontananza, la lingua, le abitudini quotidiane) e i pregiudizi (la rappresentazione dei meridionali come dei piccoli selvaggi, e quella delle famiglie romagnole come bolscevichi mangiatori di bambini) ricordano in modo vivido quei giorni, parlandone tra grandi sorrisi e lacrime. Serbano foto e lettere come un tesoro prezioso, che mettono in mostra di fronte alla macchina da presa come metterebbero il proprio cuore. Partendo dal semplice racconto di uno dei bambini partito dalla Puglia verso Ancona tanti anni prima, Alessandro Piva e lo storico Giovanni Rinaldi, che sullo stesso tema ha pubblicato il libro I treni della felicità, hanno raccolto uno a uno i ricordi di quei giovani protagonisti di un’unione forse mai così stretta e bella tra Nord e Sud, nonché di alcune delle organizzatrici dello scambio in cui, con immani sforzi e sacrifici, furono coinvolti ben 70 mila ragazzi.
Forse non è il massimo parafrasare un’ignobile locuzione nata dallo squallore dell’oggi, ma quello celebrato da Pasta Nera è senza dubbio uno dei pezzi di quell’Italia migliore che per qualche torpido motivo non viene mai esaltata e consacrata alla memoria. Ragione in più per apprezzare la ricerca del regista e la sua scelta di servirsi anche dei meravigliosi materiali d’archivio del Luce, patrimonio inestimabile cui non si finirà mai di prestare abbastanza attenzione.