Parola al Cinema – Uno sguardo sulla sceneggiatura
Manierismi francesi e genealogie narrative: “L`amore nascosto”
(Rubrica a cura di Massimiliano Schiavoni)
13/06/09 – E` piuttosto arduo dare una collocazione a L`amore nascosto nel percorso artistico di Alessandro Capone, e probabilmente, per farsi un`idea più chiara del significato di questo film nella sua carriera, si dovranno attendere le sue prossime prove. Dopo anni di esperienze in fiction e teatro, e poche regie cinematografiche di tutt`altro tenore, Capone si cimenta adesso (non proprio adesso, visto che il film è del 2007 e solo ora, coi saldi di fine stagione, ha trovato una distribuzione) con un dramma psicologico alla francese, che della tradizione francese ripercorre un po` tutti i crismi, anche sul piano narrativo. C`è la grande attrice specializzata in ruoli ai limiti della psicosi (Isabelle Huppert), c`è la minuziosa analisi psicologica e le relative contorsioni un po` barocche e artificiose, c`è la sentenziosità dei dialoghi e della voce off; c`è, in fondo, per tutte queste ragioni, il rischio del manierismo, come spesso accade quando gli autori adottano (scimmiottano?) stili narrativi non appartenenti alla loro cultura nazionale. Per fare un paragone azzardato su tutt`altro genere cinematografico, chi è stato più manierista di Sergio Leone nella sua adozione dei clichè del western americano? Evidentemente lo sguardo esterno a una cultura assorbe, di quella cultura, le strutture esterne più evidenti e tende ad amplificarle. Tuttavia, L`amore nascosto assume curiosamente una certa rilevanza proprio come testimonianza culturale di una particolare narratività . D`ora in poi L`amore nascosto potrà essere proiettato nelle scuole per far capire ai ragazzi cosa significa costruire un dramma “narrativamente francese”.
Cosa è necessario, dunque, per raccontare una storia francese in chiave drammatica? Innanzitutto, un nodo psichico. Un`insoddisfazione, un dolore, una sorda ribellione agli schemi della società che si riconverte in disagio mentale. Di riflesso, un rapporto tortuoso con le persone più vicine, preferibilmente i figli, fatto di senso di colpa e reciproca inadeguatezza, odio/amore, comprensione/rifiuto. Poi, è necessaria quella mescolanza di realismo e artificio, di aspra disillusione e forma ricercata, che è perfettamente rintracciabile nel film di Capone. Il personaggio di Danielle, infatti, scardina con asprezza il luogo comune dell`amore materno, lo sovverte e lo mette in discussione con accenti molto franchi e disincantati, ma facendosi forte però di parole e gesti altamente artificiosi e lontani dalla realtà . Il dialogo è raffinato, ricercato, e le pause e i silenzi sono accuratamente studiati. L`artificio del realismo, si potrebbe dire. Elemento ricorrente, ma non imprescindibile, è la risonanza della vicenda principale su un altro personaggio (qui, la psicologa di Greta Scacchi, messa in crisi da quella paziente così inattaccabile e proterva nella sua malattia). Sul piano più strettamente narratologico,L`amore nascosto si basa su un altro schema molto francese; il rifiuto del racconto tradizionale, il ricorso alla narrazione libera e divagante. Se infatti sulle prime crediamo di assistere a un racconto di salvezza e redenzione tramite la psicanalisi (in questo senso, la tradizione cinematografica è ricchissima), in seguito Capone ci conduce in tutt`altra storia. La psicanalisi è messa da parte, i suoi strumenti sono inadatti, le teorie e i metodi terapeutici sono in scacco. La narrazione si perde in continue divagazioni (la fuga dalla clinica, l`estemporaneo rapporto sessuale di Danielle con uno sconosciuto per riaffermare il suo roccioso diritto a scegliere per se stessa, fuori dalle regole sociali). E i flashback, che nella convenzione cinematografica “psicoterapica” servono spesso da agnizione e superamento dei traumi, si rivelano inutili ai fini della terapia, e sono narrati solo per definire meglio la protagonista.
Allo scacco della narrazione tradizionale, corrisponde anche una scelta tematica forte verso il fallimento della psicoterapia. E` la vita, con i suoi rovesci e le sue tempeste, a restituire Danielle alla vita stessa. Ma sempre con tutti i rischi del caso; sul finale, Danielle si occupa della nipote, ma non sappiamo se la legherà alla bambina un vero affetto basato su un ritrovato amore materno, o se la nipote sarà l`ennesima vittima della sua nevrosi. Il senso di sconfitta della psicanalisi, e l`affidarsi alle vere esperienze di vita come unica terapia, sono punti a favore del film di Capone. E` un nucleo narrativo ben esposto, ben incarnato anche nel personaggio di Greta Scacchi, e soprattutto poco frequentato in cinema (mi viene in mente Equus di Sidney Lumet, ma ormai si perde nella notte dei tempi). Dunque, manierismo narrativo alla francese; ma, in ultima analisi, anche una certa sincera ispirazione.