Venezia Gentil

07/09/10 - Jean Gentil e Caracremada: altre due storie che viaggiano parallele all’interno di Orizzonti...

(Dalla nostra inviata Caterina Gangemi)

07/09/10 – Jean Gentil e Caracremada: altre due storie che viaggiano parallele all’interno di Orizzonti. Storie di lotta per la sopravvivenza, resistenza, disperazione, accomunate da quel filo conduttore che sembra attraversare questa edizione della mostra in tutte le sue sezioni: il paesaggio.

Sono i rigogliosi boschi di Santo Domingo a fare da sfondo alla dolorosa avventura di Jean Gentil, contabile di haiti di mezza età che, privo di lavoro, casa, cibo e affetti, si ritrova ad improvvisarsi novello Walden in un’esperienza che niente ha a che vedere con l’ideale di Thoreau ma assume, piuttosto, i tratti di una quotidianità selvaggia e ferina. Già noti al pubblico veneziano per aver presentato, nel 2007 sempre in Orizzonti, il loro lungometraggio d’esordio, i dominicani Laura Amelia Guzman e Israel Cardenas ritornano con un film che unisce la componente descrittiva del cinéma vèrité, alla poesia di un racconto asciutto, crudo e al tempo stesso toccante. “Io non ho una vita – risponde Jean Gentil a uno dei tanti colleghi di un giorno che gli chiede cosa faccia per vivere – io guardo gli altri vivere. Sono sempre triste. Quando vedo le persone ridere mi chiedo cosa ci sia da ridere.” E’ in queste parole il ritratto di un uomo che, pur nella più bieca indigenza, non rinuncia al suo abito buono, ai suoi libri e alla sua dignità, al quale gli autori guardano con una lucida semplicità, che rifiuta ogni retorica o pietismo.

Dal giovanissimo documentarista catalano Lluìs Galter arriva invece una originale visione della Spagna franchista, attraverso le gesta di Ramon Vila, soprannominato, appunto Caracremada, che, a seguito del ritiro degli altri militanti della CNT (l’organizzazione anarchica della quale faceva parte), decise di ritirarsi nelle campagne della Catalogna per portare avanti la sua battaglia.

Un approccio opposto a quello proposto nella pellicola precedente caratterizza il lavoro di Galter: antinarrativo, straniante, quasi totalmente muto. Laddove in Jean Gentil parola e immagine si compenetrano nel racconto, qui il procedere della storia è fatto di suoni e rumori: di una natura nella quale, a differenza dello sfortunato protagonista del film dominicano, Ramon non perde la propria combattività; e, reiterati, ossessivi, del seghetto di metallo col quale l’uomo boicotta i tralicci della corrente. Il tutto in piena coerenza con le intenzioni del regista di tracciarne un profilo che fosse, nonostante le inevitabili omissioni, il più possibile aderente alla realtà: “La verità è ardua da plasmare. (…) per Ramon, diversamente dagli altri, la lotta e la resistenza non furono mai un atto eroico ma un vero lavoro e, col tempo, un’ossessione nata dalla volontà ferma di non rinunciare comunque al combattimento (…). Senza alcun dubbio, Ramon fu uno degli imprescindibili.