Ascolta l’intervista di RADIOCINEMA al regista del film:
Oltre che il cult di Fernando Di Leo Avere 20 anni è anche il il nome di un format di Mtv, e in questo caso specifico anche il soggetto del film Oltre il mare, debutto di Cesare Fragnelli. Un’opera dedicata alla tarda adolescenza, ai suoi miti a volte distorti e alla sua bellezza, soprattutto fisica. Un inno di vago sapore giovanilistico dunque, ma anche intriso di luoghi comuni e moralismi su cui si fonda una riflessione discutibile e priva di qualsivoglia senso cinematografico. Protagonista della vicenda è un gruppo di giovani studenti universitari in libera uscita per le ferie estive, la cui massima preoccupazione risiede nel rimorchiare un gruppo di straniere e tenere nascoste le proprie tresche alle rispettive ragazze lasciate a penare a casa, e in qualche caso viceversa. La trama si articola così tra scenate di gelosia e cuori infranti, peggio di una lunga puntata di un brutta soap opera televisiva, una sorta di terrificante mix tra Cento Vetrine, Beautiful e Dawson’s Creek. A prevalere è però senza dubbio la scarsa fattura dei telefilm italiani, con la sua mancanza di ritmo, l’artificiosità dei dialoghi, le risate troppo sguaiate e troppo forti, l’alternanza di piani quasi inesistente, la sbrigativa qualità del suono.
È vero che il regista ha dichiarato di voler raccontare i giovani così come sono, senza alcun tipo di patinatura, ma qui non si tratta di semplici imbellettature quanto della capacità stessa di narrare una storia, seppur minima e un po’ patetica, attraverso il cinema. In Oltre il mare le immagini sono insignificanti e misere proprio come i luoghi comuni sugli adolescenti, che si vorrebbero senza ideali, senza prospettive e senza valori, se non un assai generico senso dell’amicizia spesso confuso con la più banale esigenza di muoversi in gruppo per non affrontare da soli la sfida di costruire la propria identità. Né si può affibbiare la responsabilità di questa piattezza stilistica e tematica al nutrito manipolo di giovani interpreti che, pur essendo per lo più acerbi e provenendo in buona parte da contesti televisivi (pubblicità, fiction, reality), hanno cercato chi più chi meno di dare credibilità e umanità ai propri personaggi. Anzi, la cosa più semplice e più significativa l’ha detta proprio uno dei ballerini-attori-ecc. sfornati dal programma Amici di Maria De Filippi, che ha dichiarato di aver ascoltato molta musica per preparare il suo personaggio, cioè l’unico romantico e depresso del gruppo. Ecco, in Oltre il mare, la caratterizzazione psicologica del gruppo si ferma alla descrizione dei diversi atteggiamenti rispetto al sesso, al tradimento e alla relazione di coppia. Ce ne fosse uno che parla delle sue passioni, musicali, letterarie o altro. Ce ne fosse uno che mostri di avere qualche sogno nel cassetto a parte quello non meglio specificato di spaccare il mondo. E ce ne fosse uno che non abbia registrato sul cellulare il proprio partner sotto la voce “Amore”. Passi il calo di appeal della cultura, passi l’omologazione e la superficialità che senza dubbio caratterizza molti adolescenti e tardo-adolescenti di oggi, ma quelli di Oltre il mare sembrano avere molto più a che fare con i ragazzi delle pubblicità delle suonerie che con quelli reali. Anzi, sono anche meno complessi e strutturati di un target di marketing: corrispondono al massimo a quella che i nostri media immaginano come la fascia d’ascolti del sabato nel primo pomeriggio, ed è sempre triste quando il cinema ripropone questa visione riduttiva e perfino spregiativa del proprio pubblico.
Piccola nota extra-diegetica: anche questo film, dopo il brillante Dreamland e il musicale A Sud di New York è stato girato in Puglia, per di più in collaborazione con la Film Commission regionale. Che sia l’inizio di una serie?
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