No more Trouble vince il premio Raffaella Fioretta – la nostra intervista al regista Tommaso Romanelli

No More Trouble – Cosa rimane di una tempesta diretto da Tommaso Romanelli è il viaggio di formazione di un figlio che cerca il padre e scopre un uomo innamorato del suo lavoro, morto inseguendo un sogno. Una passione che il giovane riesce a comprendere totalmente solo immergendosi totalmente nel mondo del padre. La nostra intervista al regista, al suo primo lungometraggio.
Intervista a Tommaso Romanelli a cura di Giovanna Barreca

La giuria formata da Riccardo Milani (Presidente), Lucia Ocone (attrice), Luna Gualano (regista), Annamaria Granatello (Premio Solinas), Federica Luna Vincenti (attrice, produttrice, compositrice), ad Alice nella città ha assegnato a No More Trouble – cosa rimane di una tempesta di Tommaso Romanelli il premio Raffaella Fioretta per il miglior film italiano del Panorama Italia perché, come recita la motivazione: ” è la storia vera di un padre che non c’è più, raccontata da un bellissimo documentario di enorme impatto emotivo, dove i materiali di repertorio, spesso filmini di famiglia, hanno la stessa forza del materiale girato. Romanelli mostra una grande capacità di costruzione della tensione narrativa che si mescola e cresce con il dolore per un destino sconosciuto e terribile. Una storia dove si racconta che coltivare una passione autentica è anche coltivare l’amicizia, dove la costruzione di una barca diventa la continuazione della vita. Una storia di amore per il mare e sul tempo che passa e il dolore che non se ne va. Un documentario che colpisce così alla testa e al cuore”. 

Noi abbiamo incontrare il giovane regista al suo primo lungometraggio qualche giorno prima del premio e abbiamo cercato di indagare l’urgenza di realizzare a oltre vent’ anni dai fatti un documentario sul padre e aprire metaforicamente e realmente un cassetto pieno di ricordi del genitore per conoscerlo (tanti disegni di progetti, diari, foto e videocassette) . Tommaso Romanelli è il figlio di Andrea Romanelli, ingegnere progettista, velista che, con Giovanni Soldini, ha partecipato a diverse competizioni internazionali in barca a vela.  Con Soldini ha progettato e realizzato manualmente anche alcune parti di Fila, un’imbarcazione di 60 metri super sofisticata e veloce con un albero alare, proprio come quello degli aeroplani, pronta ad affrontare l’Atlantico. Partiti da New York, la notte del 3 aprile 1998 a soli 380 miglia dalla meta Cape Lizard  quando sono pronti a battere il record sulla traversata atlantica, l’equipaggio formato da  Giovanni Soldini, Andrea Tarlarini, Guido Broggi e Bruno Laurent e Andrea affronta una depressione atmosferica violentissima: mare forza 9, raffiche a 80 nodi, onde di 25 metri. In turno con Romanelli, Andrea Tarlarini. Un’onda li travolge e rovescia l’imbarcazione. Il compagno riesce a tornare alla barca, passando da un boccaporto progettato proprio dal padre di Tommaso e invece il giovane ingegnere no. Tutti i membri dell’equipaggio lo cercano ma dell’uomo trascinato via dalle onde non c’è traccia.

E proprio dietro ad altre tracce inizia il viaggio di Tommaso che all’epoca della tragedia aveva solo 4 anni e del padre ha pochi ricordi diretti. Riascoltare e vedere il padre all’inizio è stato qualcosa di sconvolgente e difficile da accettare anche perché, come gli dice Soldini: “Sei identico ad Andrea, com’è possibile?” ma poi la voglia di saperne sempre di più lo ha spinto a incontrare tutti i compagni di mare/amici del padre, a cercare altro materiale video e audio e a riprendere tra le mani l’imbarcazione progettata da Andrea per il suo primo viaggio in solitaria e rimetterla in mare con lo zio, dopo un lavoro durato mesi partendo dai progetti e calcoli del giovane ingegnere progettista. E il tutto contribuisce a mettere insieme la tela di una memoria che da personale acquista anche una dimensione collettiva nella ricerca di un padre da parte dell’amato figlio.

Tommaso nella sua ricerca ha scoperto la voce di un padre amorevole che chiamava “topo” la compagna (la sua mamma) e che amava moltissimo il suo lavoro di progettazione e soprattutto capire le cose e navigare, avendo il mare a 360 gradi per sentirsi totalmente libero. Durante quell’ultima traversata stava realizzando un sogno rincorso tutta la vita. Le due ore di riprese video prima della tragedia restituiscono ancora una volta il viso e la voce felice di Andrea e di tutto l’equipaggio.

No more trouble è stato scelto come titolo perché è una canzone di Bob Marley amata dal gruppo ma era anche un auspicio per una barca che aveva creato non pochi problemi in cantiere, in fase di progettazione. E Romanelli, come afferma anche nella nostra intervista, assegna un nuovo senso: “è anche la volontà di superare un trauma, di sciogliere un nodo molto difficile”.

Con l’ottimo Andrea Campajola, Romanelli riesce a montare un documentario avvincente, nonostante sia nota a tutti la sorte di Fila e del suo equipaggio. Restituisce tutti i punti di vista su quella tragedia: quello professionale, sportivo e familiare senza il bisogno di tralasciarne nulla per non ferire i protagonisti: c’è la madre che incolpa Soldini o lo stesso Soldini che non può dimenticare quanto accaduto al compagno ma soprattutto all’amico Andrea in una notte che nessuno poteva gestire diversamente. E c’è Tommaso che nel film è in scena perché la storia abbia un senso e possa raccontare il suo processo di elaborazione.

Un documentario che, attraverso i filmati amatoriali restituisce il passato di Andrea arricchendo tale materiale di significato, istanti sottratti all’oblio che restituiscono un padre ad un figlio con l’esercizio della Memoria. Il film si chiude con gli 8mm girati dal nonno di Tommaso (ingegnere con la passione per il cinema) ad Andrea ancora piccolo (sei anni) regalano una fortissima emozione a tutti gli spettatori che ritrovano nel bimbo Andrea quell’estro, quella voglia di avventura, quell’amore per il mare che anni dopo lo avrebbero portato verso il suo destino.

Un film Prodotto da Teorema Studio e Indigo Film, distribuito da Tucker Film.
giovanna barreca