Lo sguardo e il cuore di un gigante
06/11/09 – Per chi scrive, ma fortunatamente non è il solo, Michael Mann è uno dei più grandi cineasti viventi (secondo solo, forse, a Clint Eastwood), capace di raccontare il noir o le sfumature noir della storia (“Ali”) e della realtà (“Insider”) con locchio che scava nella contemporaneità e nella grandezza del cinema, possibilmente del futuro. Giunto al suo decimo film, Mann si confronta direttamente con larchetipo che ha fondato gran parte del cinema americano di genere e il suo capolavoro “Heat”, ossia John Dillinger, e il suo cinema continua a volare altissimo.
Dillinger è il più grande rapinatore di banche del suo tempo, una sorta di rockstar del crimine a cui lagente Melvin Purvis, capeggiato da Edgar Hoover, dà spietatamente la caccia; accanto al rapinatore, la donna della sua vita, Billie. A cavallo della Grande Depressione, la caccia comincia. Altro incredibile tassello dellincredibile filmografia di Mann, da lui scritto con Ronan Bennett e Ann Biderman, che rilegge il prototipo del gangster movie (“Scarface” di Hawks, ma anche lomonimo film di William Wellman) attraverso la grandezza epica del cinema classico e lo sguardo acuto della contemporaneità. Un’opera che, partendo dalla sua evidente e riflessiva classicità non solo i riferimenti a Hawks, ma soprattutto il rapporto col pubblico e la struttura a blocchi, che ribalta quella di “Heat” arriva a raccontare il nostro tempo, dove la crisi economica e la recessione portano un popolo a identificarsi con coloro che dalla crisi provano coraggiosamente a fuggire. In questo senso, la riflessione di Mann sfrutta il personaggio di Hoover per ripensare il rapporto tra cinema, società e media, vedendo negli anni 30 dei cinegiornali, dei grandi quotidiani e dei melodrammi di Manhattan, lo specchio del presente iper-mediale. E proprio dai nuovi media parte Mann, scegliendo per il suo film più antico la tecnologia più moderna, il digitale virato allalta definizione che consente di proiettare il pubblico dentro la realtà del film, ritraendo rughe e visi sfatti dei personaggi e consentendo di realizzare momenti di grande cinema in quantità industriale.
Mann, sulla base di una sceneggiatura di solidità granitica e di passione mai doma (il finale è pura commozione romantica), dimostra come la grandezza del suo cinema passi inevitabilmente dalle scelte tecniche, come è evidente da inquadrature esemplari come lentrata in banca alla prima rapina (carrello a destra coi personaggi dietro una scalinata che si scoprono pian piano) o sequenze indimenticabili, come lassalto notturno a Little Bohemia, che non dimenticano mai limportanza della musica di Elliot Goldenthal (la scena al semaforo, gli appuntamenti con Billie, lestradizione). E a riprova di un umanesimo che oltrepassa i limiti del formalismo, un cast straordinario, dove in ogni attore vibra la passione dellautore, da un grande e sornione (proprio come il Clark Gable che vede al cinema) Johnny Depp a una splendida Marion Cotillard, fino allimpeccabile Christian Bale, oltre a una messe di comprimari che meriterebbero un premio di gruppo. E un monumento lo merita questo regista di Chicago che sa trovare lo spirito del cinema popolare senza mai smettere di cercare nuove vie.
(EMANUELE RAUCO)
Titolo originale: Public Enemies
Produzione: USA 2009
Regia: Michael Mann
Cast: Johnny Depp, Christian Bale, Marion Cotillard, Billy Crudup, Stephen Dorff, Leelee Sobieski,
Durata: 143′
Genere: drammatico
Distribuzione: Universal Pictures
Data di uscita: 6 novembre 2009
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