Marécages

03/09/11- Guy Édoin porta il Canada nel concorso della SIC firmando un dramma convenzionale ispirato alla tradizione classica della tragedia.

Dal nostro inviato SILVIO GRASSELLI

In questa 26/a edizione, come mai in passato, la Settimana Internazionale della Critica punta sui giovani. Il secondo film del concorso, Marécages, è l’esordio del trentenne canadese Guy Édoin che, sprezzantemente, sceglie per il suo primo cimento nella narrazione lunga una tragedia agreste d’ispirazione classica. Sempre più spesso negli ultimi anni sugli schermi veneziani le nascite degli animali hanno superato di gran lunga quelle degli esseri umani. Anche in questo film canadese – fortemente influenzato dall’impronta francofona ma curiosamente infiltrato di elementi decorativi e narrativi vagamente statunitensi – ricorre la nascita di un vitello, mostrata in tutta la sua durata e, come in altri casi recenti, l’evento topico diventa subito presagio. Qui l’annuncio è funesto: il vitello nasce morto, alludendo prima alla scomparsa del figlio maggiore della coppia protagonista, poi anticipando il trapasso violento del padre (schiacciato dal rimorchio di un trattore) e significando infine tutte le altre morti, letterali e metaforiche, sparse nel film.

S’inizia con un triangolo (padre, madre, figlio adolescente), si passa alla coppia (madre e figlio), si torna al triangolo (un vicino invadente tenta di prendere il posto dell’uomo rimasto ucciso) e si finisce, forse, con due individui separati. Il centro del film è in realtà un vuoto pieno, un silenzio eloquente, uno sguardo che ondeggia tra il regime della soggettiva e quello dell’oggettiva: il figlio adolescente della coppia è il testimone passivo, il protagonista bloccato, il centro drammatico dentro il quale s’incontrano e s’intrecciano tutti i fili del racconto. Nell’adolescente si condensano la colpa e la violenza, il desiderio e la rabbia: considerato dalla madre responsabile dei due lutti appena subiti, il ragazzo è d’altra parte il recipiente in fermento delle passioni erotiche che s’incrociano tra le mura della sua fattoria. Fino al punto in cui la rabbia lo spinge all’azione, alla morte procurata per una volta in modo volontario e consapevole. Guy Édoin firma un dramma convenzionale che tenta un difficile apparentamento con una tradizione nobile: un esordio forse deludente perché troppo ambizioso, eppure testimonianza di un possibile felice sviluppo di quel che sembra poter diventare presto un autore.