Dal nostro inviato ALESSANDRO ANIBALLI
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Napoli può rinascere o forse sta già rinascendo. Già presentato a Torino 29 nella sezione Festa mobile – Figure nel paesaggio e distribuito ora in sala dalla Bolero Film, L’era legale di Enrico Caria immagina che il capoluogo campano nel 2020 si sia trasformato nella città più sicura e vivibile del Pianeta, grazie all’intraprendenza di un sindaco dall’evocativo nome di Nicolino Amore (interpretato da Patrizio Rispo). Raro esempio di mockumentary italiano, forse con più di un tratto in comune con Freakbeat (presentato anch’esso a Torino 29), il film di Caria da un lato inventa di sana pianta la figura di un Masaniello che prende il potere in città, dall’altro mostra interviste a persone reali che si prestano al gioco da una prospettiva puramente cinematografica (Renzo Arbore, Isabella Rossellini, Giancarlo De Cataldo) e altre che discutono più apertamente di politica e legalità (il procuratore antimafia Pietro Grasso, il presidente di Legambiente Francesco Ferrante, l’imprenditore antiracket Tano Grasso). Ne emerge un ritratto complesso e divertente dello spirito partenopeo, capace di ironizzare sulle disgrazie e di guardare tutto secondo un punto di vista a metà tra il surreale e il grottesco. Se si aggiunge che alla presentazione a Torino era presente anche Luigi De Magistris, il vero sindaco di Napoli in carica da soli sei mesi e protagonista di una travolgente vittoria elettorale, vien quasi fatto di pensare che questo miracolo possa essere possibile anche in virtù di una convinzione che pare arrivare da tutte le istituzioni, politiche e cinematografiche. È una bellissima sorpresa scoprire infatti che tra gli interpreti de L’era legale vi sia nientemeno che Maurizio Gemma, direttore generale della Campania Film Commission, sostenitore a tal punto del film da interpretare con ironia un piccolo ruolo, il fantomatico mago di Forcella.
Ma l’importanza de L’era legale va trovata non solo e non tanto nella ventata di ottimismo di cui è portatore, quanto forse soprattutto nel modo in cui si è deciso di raccontare la vicenda. L’aver scelto di evitare un approccio didascalico e apertamente d’impegno preferendo invece la via indiretta del finto documentario ha permesso a Caria una libertà d’espressione quasi inedita nel cinema italiano, almeno quando si affrontano temi cosiddetti sensibili. L’era legale infatti scherza sulla camorra, sull’emergenza rifiuti, sugli attacchi agli imprenditori senza mai sembrare superficiale; il suo merito è quello di affrontare un tema serio e drammatico adottando un registro ironico (e a volte anche piacevolmente demenziale). Valga da esempio la soluzione per certi versi geniale (e giusta dal punto di vista etico) di far interpretare il ruolo di un imprenditore che sostiene Nicolino Amore a un vero imprenditore a cui è stata realmente bruciata la fabbrica, così come si vede nel film. In conclusione perciò è lecito sperare anche che L’era legale valga da buon esempio per tanto nostro cinema italiano spesso del tutto inconsapevole delle mille possibilità offerte dal gioco linguistico tra vero e falso, un gioco che se affrontato con consapevolezza e sottigliezza può allargare il ristretto orizzonte della nostra cinematografia, sempre più vittima di una messa in scena posticcia che viene spacciata per naturale (come si vede nelle tante commedie protagoniste del recente successo del nostro cinema al botteghino).
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