Ascolta l’intervista di RADIOCINEMA, a cura di Giovanna Barreca, a:
(Dalla nostra inviata Giovanna Barreca)
23/09/10 – Protagonista del nuovo film di Andrea Caccia, La vita al tempo della morte, presentato alle Giornate degli autori della 67. Mostra del cinema di Venezia, è il concetto di esistenza e di tempo. La natura che richiama a sé i corpi degli animali e degli uomini. La morte che forse è un principio di ordine, morte che da un ordine alle cose. Sicuramente un percorso molto sofferto quello di avvicinamento a un film così personale da parte del regista, dove parla del padre malato di cancro e dove continuamente il lavoro del documentarista viene permeato dalla vita personale. Tre gli atti del documentario, che fino a quando non si arriva al terzo non si capisce come siano legati, quale sia il filo conduttore di una tripartizione così netta. Nel primo – struggente, poetico, leggero – c’è l’agonia di una farfalla legata allo scorrere delle stagioni sui Laghi della Lavagnina (Piemonte), mèta di giovani che provono l’ebrezza dei tuffi, del salto nel vuoto, della vertigine tra vita e morte. Un effetto flou perché ‘si è codardi con il passato e indulgenti con il presente”. Nel secondo i primi piani, i colori nitidi, i racconti in prima persona di alcuni degenti del reparto oncologico di un ospedale del quale volutamente non sappiamo nulla e vediamo poco.
Nel terzo una location con colori tenui, un campo medio e una telecamera quasi fissa all’interno di un garage tutto da riordinare. All’interno di questo spazio il regista, suo figlio, il fratello e milioni di oggetti che raccontano le vite della loro famiglia dalla loro infanzia (il ritrovamento dei vecchi quaderni delle elementari), alla giovinezza dei genitori (i vecchi vinili del padre), ai giocattoli, le lettere, gli oggetti della casa. Fino alle medicine, alle cartelle mediche del padre messe in contrasto con i barattoli dei colori, delle vernici con le quali il padre lavorava prima del sopraggiungere della malattia e poi della morte. Morte e vita attraverso due fotogrammi perché, come afferma Caccia: “la morte è esigente, richiede silenzio, pazienza, forza e meditazione. Una meditazione che a volte sconfina nella paura. Paura di svelarsi, di scoprirsi deboli, di chinarsi di fronte al destino. Sono stato sul punto di abbandonare per paura. Poi ho compreso che nulla è come la morte se non la vita stessa”.
La vita al tempo della morte
di Andrea Caccia
Italia 2010, 82’
Sceneggiatura: Andrea Caccia
Fotografia: Massimo Schiavon
Montaggio: Marco Duretti
Musica: Bruno Dorella