La passione dei “prof.” Valeria Golino e Vincenzo Amato è inutile: “la scuola è finita”
(Dal nostro inviato Alessandro Aniballi)
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09/11/10 – Primo film italiano proiettato in concorso al 5° Festival internazionale del film di Roma, La scuola è finita di Valerio Jalongo è un ritratto spietato e nichilista della nostra istituzione scolastica così come si è venuta a delineare nel corso degli anni, fino al totale disfacimento più recente. Ma il terzo lungometraggio di fiction di Jalongo è anche un convincente anti-bildungroman con protagonista uno studente preda della noia e dell’atarassia che riceve il sostegno ingenuo e affettuoso di due insegnanti ancora appassionati del loro mestiere (interpretati da un’eccellente Valeria Golino e da un sorprendente Vincenzo Amato). Le relazioni che nascono all’interno di questo trio, tanto intense da sostanziarsi come una sorta di “romanzo familiare” freudiano, sono poi costrette a sfaldarsi sia per il sopraggiungere del mai abbastanza vituperato “buon senso comune” (che mal vede l’idea di un abbraccio tra una donna e un ragazzo) sia per la sempre gelida irruzione della Norma (qui incarnata da una austera quanto ottusa istruttrice scolastica).
A far da luogo deputato alla vicenda vi è un edificio scolastico dall’evocativo nome di Pestalozzi (che fu un pedagogo di origine svizzero-italiana) e a far da sfondo vi è il mondo dei compagni di scuola del protagonista: una fauna sconcertante, resa in maniera realistica, dove si “occupa” l’istituto non tanto per un presunto fine politico o nel tentativo di lanciare un differente modello d’insegnamento che esuli dall’ex cathedra, quanto piuttosto per distruggere l’edificio scolastico stesso, in una sorta di autofagia zombesca. Ed è proprio con il suo sguardo, per certi versi apocalittico, che Jalongo riesce a impartire una prima lezione a chi abbia voglia di recepirla: l’idea che, in tempi come questi in Italia, bisogna dire le cose come stanno, che non c’è più tempo e modo per le mezze misure e per il “buonismo” e che se davvero “la scuola è finita”, allora lo si deve mostrare fino in fondo, senza paura di cadere nel nichilismo. Un secondo e ugualmente importante insegnamento che il film di Jalongo ci lascia pertiene direttamente alla messa in scena e alla recitazione: La scuola è finita ci ricorda quanto sia importante per il nostro cinema (nato con la Resistenza e con il Neorealismo) lavorare sulla spontaneità, sull’immediatezza, sulla ricerca nel campo, sul contatto vivo con le realtà di cui si vuole raccontare. Infatti, quando Jalongo dice che per ben tre anni ha documentato, insieme ad altri colleghi, la vita di una classe, non è difficile credergli visto che traspare con evidenza dal suo film.