Dalla nostra inviata DARIA POMPONIO
Ascolta le interviste di RADIOCINEMA ai protagonisti del film:
Possiamo tirare un sospiro di sollievo, la commedia italiana, croce e delizia delle ultime stagioni cinematografiche, dove è stata l’assoluta trionfatrice, non deve per forza fossilizzarsi nei temi né nelle soluzioni narrative e può incontrare i gusti del pubblico senza vendere l’anima al mercato e ai suoi cliché. È quello che accade con La kryptonite nella borsa, esordio alla regia dello sceneggiatore Ivan Cotroneo (suoi, tra gli altri, gli script per Mine vaganti e Io sono l’amore), presentato al Festival di Roma e in sala dal 4 novembre con Lucky Red. Divertente “dramedy” di impianto corale, il film di Cotroneo ci propone un tuffo nella Napoli degli anni ’70, nei suoi colori e nella sua varia umanità, osservata attraverso lo sguardo del novenne Peppino (Luigi Catani). Tra un cugino che si crede Superman, la madre chiusa in un ostinato silenzio per via dell’infedeltà del marito e un padre che gli fa strambi regali, il bambino finisce per trascorrere le sue giornate in compagnia degli zii, due fricchettoni un po’ folli e molto anticonvenzionali. Tratto dal romanzo omonimo scritto dallo stesso Cotroneo, La kryptonite nella borsa è anche un racconto di formazione, che approda senza pistolotti morali né scene madri a un convincente discorso sull’accettazione della propria diversità, di qualunque tipo essa sia. Il tema dell’omosessualità, appena accennato, si allarga infatti a una questione più ampia e universale che riguarda la ricerca del proprio posto all’interno della società, che deve avvenire sempre senza rinunciare alla propria identità. Tutti i personaggi del film compiono questo percorso in maniera più o meno consapevole: la giovane zia Titina (Cristiana Capotondi) incurante del giudizio altrui, si innamora di un ragazzo claudicante, la madre di Peppino (un’intensa Valeria Golino) si riappropria della propria identità e impara a prendersi cura di sé stessa, per il padre Antonio (Luca Zingaretti) è venuto invece il momento di mettersi in discussione e magari imparare a comunicare con il figlio, la dattilografa bruttina può benissimo trovare l’amore e vivere felice, un supereroe può essere omosessuale.
Insomma, “La vita va avanti”, questo è il messaggio del film, veicolato nella storia dalle parole di un pater familias non proprio integerrimo, ma molto umano. Ed è proprio la leggerezza con cui Cotroneo affronta gioie e dolori dei suoi personaggi a costituire la vera forza del film, che scorre fluido e senza intoppi, grazie anche all’ausilio di una strepitosa colonna sonora, che accorpa brani degli anni ’70 come “Life on Mars?” di David Bowie o “Lust for Life” di Iggy Pop (palese, ma consapevole anacronismo, dato che il film è ambientato nel ’73, mentre la canzone è del ’77) e fugaci apparizioni di Mina e Peppino di Capri. Tra mille rivoli narrativi emerge un ritratto di un’Italia degli anni ’70 forse più libera e tollerante di quella odierna, di certo molto più disposta a credere di avere un grande futuro davanti a sé.
Vai alla SCHEDA FILM