La condition Torino

15/11/09 - Si inaugura con un film decisamente eccentrico la sezione documentaria Italiana.doc...

simone

Fabrizio Ferraro inaugura la sezione del Torino Film Festival intitolata Italiana.doc

(Dal nostro inviato Alessandro Aniballi)

je suis simone15/11/09 – Si inaugura con un film decisamente eccentrico la sezione documentaria Italiana.doc: “Je suis Simone (la condition ouvrière)” di Fabrizio Ferraro è un lavoro elettivamente straubiano poiché ragiona sul cinema in quanto materia, pressoché bruta. In voice over viene letto il volume di Simone Weil La condition ouvrière che racconta l’esperienza di lavoro in fabbrica cui la donna si sottopose negli anni ’30 per poter meglio comprendere il mondo della classe operaia. Sul piano visivo vi sono riprese perlopiù in esterni in cui si osservano a distanza dei lavoratori, soprattutto edili, e ad esse si alternano “ricostruzioni” dove un’attrice (Claudia Landi) funge da “veicolo” dell’intellettuale francese, scrivendo, camminando e rinchiudendosi nella sua casa-rifugio dopo la sfinente e quotidiana esperienza in fabbrica.

Ne emerge, come in tutti i film di Straub e Huillet, una stratificazione discorsiva e una denudazione del meccanismo cinematografico teso a stimolare la riflessione dello spettatore. Ma “Je suis Simone” è soprattutto una lezione sul lavoro, sul mondo della fabbrica, sul tentativo di combattere l’oblio di sé cui si viene condotti stando alle presse, sulla lotta per la difesa dell’individuo e del suo pensiero. In ultimo il film di Ferraro potrebbe valere anche da esempio-modello-memoria d’intellettuale aperto alla realtà, al mondo esterno; una tipologia completamente perduta oggi ove gli intellettuali, se ancora esistono, non resistono più, rinchiusi in qualche luogo accogliente e per questo non più in grado di far sentire la loro voce.

Per tutti questi motivi “Je suis Simone” è un film estremamente residuale, sia per la “messa in scena” che per l’oggetto d’osservazione scelto. E’ figlio, oltre che degli Straub, di tutta una temperie del cinema europeo che nasce con il neorealismo e si evolve in mille propaggini esteticamente e politicamente influenti per lunghi anni; quel cinema “resistente” che è stato un sentire condiviso in buona parte dell’Europa e che ormai si è andato affievolendo e spegnendosi, con la fine non tanto e non solo degli ideali, quanto con la crisi totale e attualmente irreversibile del concetto di polis.