Italian Graffiti – Percorsi italiani nella (s)memoria cinematografica collettiva a cura di Massimiliano Schiavoni
Ulteriore capitolo di un’ammirevole opera di recupero da parte della CG Home Video, torna disponibile da oggi in dvd Stromboli di Roberto Rossellini. Da qualche mese infatti la CG sta rieditando l’intera opera rosselliniana, e in tal modo, tra qualche film di più facile reperibilità, riemergono dall’oblio anche altre testimonianze disperse da anni. Com’è noto, su una parte della filmografia di Rossellini è scesa gradualmente, per varie ragioni, una diffusa difficoltà di riproposizione e recupero in home video. Spesso anche per la difficoltà di risalire a una definitiva edizione, come testimonia il bel libro di Elena Dagrada “Le varianti trasparenti”, pubblicato per Filarete nel 2005. In particolare ciò riguarda tutto il cinema di Rossellini dal periodo-Bergman in poi, quando cioè le sfide sempre più radicali dell’autore alle retoriche espressive consolidate trovarono crescenti ostacoli nei rapporti con la produzione. Tanto che più volte i film furono strappati dalle mani dell’autore per approntarne una versione internazionale profondamente rimaneggiata, spesso drasticamente ridotta, sicuramente lontanissima dagli intenti rosselliniani.
Stromboli è un esempio perfetto di tale deprecabile modus operandi. E’ il primo film con Ingrid Bergman, girato tra l’altro in diretta concorrenza con il “vendicativo” Vulcano di William Dieterle, con Anna Magnani protagonista, la quale si vide soffiare ruolo e uomo dalla Bergman e per reazione s’impegnò in un film vagamente omologo, ambientato a Lipari, a pochi chilometri di mare dal set rosselliniano. Già in Stromboli è ben evidente il metodo a cui Rossellini stava aderendo per spostamenti progressivi: depotenziamento drammatico, rifiuto della suggestione spettacolare, sguardo tendente all’oggettivo ma empatico con la protagonista, commistione tra fiction e documentario, alternanza tra brani contemplativo-meditativi, sorretti da lunghe riprese, e brevi inquadrature, montate in modo frammentato. Guerra aperta, insomma, alla grammatica trasparente propagandata da Hollywood, alla sua distinzione industriale per generi, a tutto quel cinema da cui la Bergman proveniva, scaraventata di colpo sul deserto vulcanico della Stromboli postbellica. E’ infatti sulla presenza scenica dell’attrice che, in buona parte, Stromboli fonda la propria espressività, e che sarà utilizzata in senso altrettanto contrastivo in Europa ’51 (1952). Presenza fisica incongrua, un’attrice-personaggio straniera di bellezza “altra” a confronto con una natura e cultura ostili. Ma proprio quella grammatica hollywoodiana che Rossellini aborriva, in questa occasione occupava anche il posto della committenza. Fu infatti la RKO a produrre Stromboli, e, ritenendo il film inadeguato agli standard fruitivi del pubblico americano, ridusse l’opera a poco più di un’ora di durata per la distribuzione internazionale. Un’operazione tutta mirata a una sorta di “rigrammaticalizzazione” del linguaggio, tagliando i piani-sequenza, interpolandoli con primi piani o dettagli pretestuosi. In due parole, uno scempio. Ad ogni modo, nella versione integrale il metodo rosselliniano, quel “cinema dello sguardo” da lui perseguito, il concetto di fare-cinema come sfida e work-in-progress, appaiono magari meno compatti che in opere successive, ma anche qui sono ben ravvisabili. Basti pensare alla sequenza-capolavoro della pesca dei tonni, o all’evacuazione del paese a seguito di un’eruzione. Che avvenne veramente durante le riprese. Un metodo che è fascino immortale delle sue opere.
La pesca al tonno, tra fiction e documentario: