Italian Graffiti – Percorsi italiani nella (s)memoria cinematografica collettiva a cura di Massimiliano Schiavoni
Dopo la tabula rasa creativa e l’indebolimento delle solidità industriali alla fine del decennio precedente, intorno alla metà degli anni Ottanta nel nostro cinema si assistette a una sorta di rifondazione sottovoce. Una vera e propria rinascita dalle ceneri, e come tale condotta con timidi mezzi, lontano da eccessive presunzioni e caratterizzata da orizzonti volutamente ristretti. Una sorta di “resistenza artistica”, in cui si palesavano con totale evidenza gli enormi problemi produttivi del periodo e, al contempo, la volontà di continuare a esserci, di elaborare nuove proposte, di perpetuare l’esistenza di un cinema diverso dalla dittatura del comico e malincomico. Uno dei contributi maggiori venne dall’apparizione della Sacher Film, nuova realtà produttiva e distributiva fondata da Nanni Moretti e Angelo Barbagallo, che si prodigò da subito nel sostegno a opere prime di giovani autori. Il primo film che ne vide la luce fu Notte italiana di Carlo Mazzacurati, per la prima volta disponibile in dvd dal 7 febbraio per Fandango. Opera prima di un autore ormai molto noto, che all’epoca raccolse una lusinghiera messe di premi e che fece sperare in una pronta rinascita del nostro cinema. Le cose, in realtà, andarono molto più a rilento, tramite percorsi tortuosi, promesse mancate o rinviate, e svolte improvvise quanto prontamente cavalcate.
Del cinema di quegli anni Notte italiana si porta addosso tutti i segni, nel bene e nel male. Ricollocato nel suo periodo, se ne può ancora avvertire la fresca novità, basata su una sorta di downshifting produttivo ed espressivo. Una “posizione morale”, in cui si rifiuta l’ostentazione e l’artificio scenico, e in cui l’evidente tendenza alle mezzetinte, ai toni rarefatti e a un uso della tecnica minimale e mai sfacciato si mescola indissolubilmente alle ristrettezze produttive, tanto da rendere assai difficile la distinzione tra merito e necessità. In tal senso, Notte italiana appare una specie di manifesto programmatico, in cui Mazzacurati tenta di affermare che si possono ancora raccontare storie cattive e radicate sul nostro territorio, restando in qualche modo pure ancorati alla nostra tradizione più specifica, ma tramite un linguaggio nuovo e sfrondato dei mille orpelli indulgenti del nostro cinema del passato. Notte italiana ha quantomeno il merito di tentare una rarissima narrazione dei fondamenti morali e sociali su cui si fondava la Prima Repubblica, e non tramite un cinema di scoperta denuncia (quel che accadrà pochi anni dopo con Il portaborse di Daniele Luchetti), bensì tramite un racconto di caratteri e ambienti, che affondano le proprie radici nella cultura provinciale, antro oscuro di rapacità, connivenze e malefatte pubbliche e private. I caratteri sono rarefatti e indefiniti, così come il tono narrativo, che svaria impercettibilmente dalla tenue commedia al surreale (molto bella la sequenza in balera), fino al noir di genere. Certo, rivisto oggi senza una dovuta contestualizzazione storica Notte italiana risulta poco più di un telefilm stilisticamente datato, di cui magari sono mal digeribili proprio quella rarefazione, quei tempi morti fatalmente lunghi tra recitazione spesso ingenua e battute di dialogo a vuoto. Ma molto del nostro cinema successivo viene da lì. E fa piacere, soprattutto, vedere per una volta (l’unica in tutta la sua carriera) Marco Messeri investito del ruolo di protagonista assoluto. Un buon attore dai toni crepuscolari, eternamente condannato al caratterista pazzoide.