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Percorsi italiani nella (s)memoria cinematogrfaica collettiva
“L’allenatore nel pallone” (1984) di Sergio Martino: nascita del cinema “berluscomico” come versione politicamente corretta della commedia sexy
(Rubrica a cura di Massimiliano Schiavoni)
12/10/10 – Parliamoci chiaro, L’allenatore nel pallone e il cinema comico suo coevo sono l’incarnazione più compiuta del devastante decadimento artistico e produttivo del nostro cinema in quegli anni. La commedia s’impadronisce totalmente del mercato, e i rapporti tra prodotto e profitto si fanno così stringenti che la creatività si riduce più o meno a zero. Di più, la stessa commedia, fiore all’occhiello della nostra produzione per la sapiente e irripetibile capacità di mantenersi popolare e significativa, triviale ed elegante, perde gradualmente tutti i suoi tratti di pregnanza sul reale, fino a trasformarsi in puro meccanismo, cliché e battutazza greve, lontano da qualsiasi idea di “specchio in movimento” sulla società italiana. E in tutto un film è praticamente impossibile reperire una scelta di regia che sia tale. Il mezzo non è più espressione di un’idea, ma puro e semplice mezzo, poco più di una telecamera manovrata da un cameraman. Il paragone, come vedremo, non è casuale.
A distanza di quasi 30 anni, L’allenatore nel pallone non ricopre un ruolo fondamentale nella storia del cinema italiano per il suo statuto di cult tra cinefili della serie B. Appare, invece, come il risultato più compiuto di un processo storico complesso e a più voci, in cui assume sempre più spessore un nuovo attore della scena creativa e sociale: la televisione privata. Il film di Sergio Martino proviene direttamente, sia pure tramite strade piuttosto mascherate, dalla commedia sexy, e non solo per la scelta degli attori protagonisti. Le nascenti tv private furono invase, in quegli anni, da repliche a rullo continuo delle commedie scollacciate di Edwige Fenech & C., e solo in un secondo momento, quando cioè la tv commerciale iniziò ad ambire a platee nazionali e generaliste, emerse di nuovo la questione del “decoro televisivo”. E’ solo a questo punto, sui primi anni ’80, che gli autori della commedia trash procedono a una “ripulitura” del proprio modus operandi. Così si limitano le parolacce, i nudi femminili, le scene vagamente soft. Ma l’aria da avanspettacolo, le battute facili e corrive, i dialettalismi, il totale e spudorato disimpegno sociale vengono tutti da là, mentre la scelta dei soggetti si sposta sulla cronaca spicciola di passioni popolari. Qui, il calcio, altrove il Totocalcio, altrove ancora le rinnovate manie vacanziere anni ’80. Ne emerge una nuova forma di commedia italiana, “berluscomica” potremmo dire, stilisticamente piatta e inespressa, mai troppo volgare nei contenuti, ma profondamente volgare nel linguaggio in immagini adottato. Retrograda e terribilmente pantofolaia (sottile la polemica con Nanni Moretti e le “eccentricità” del suo cinema diverso nella scena in cui si ricorre a un penoso sosia dell’autore romano), diffidente verso ciò che è percepito come nuovo e deviante. Nuova forma di commedia, soprattutto, già pronta per il suo sfruttamento sulla tv commerciale. Non a caso L’allenatore nel pallone fu una delle prime produzioni di Reteitalia, la prima realtà Fininvest a tentare la strada della produzione cinematografica.
Si ride ancora, specie se si ha memoria di quegli anni calcistici. Ma la forma mentis è aberrante.
Vedi la scena de “L’allenatore nel pallone” col sosia di Nanni Moretti: