Dalla nostra inviata Giovanna Barreca – foto di Dino Panato
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L’alpinismo è da sempre il protagonista d’eccezione del Trento Film festival nei libri, nel cinema e negli incontri. Ecco perché l’alpinista Reinhold Messner – il primo uomo a scalare nel ‘78 con Peter Habeler e nell’80 da solo e senza ossigeno l’Everest – l’anno scorso fu tra i protagonisti del festival e quest’anno nell’evento: “100 anni di free solo. Dal Campanile Basso di Paul Preuss ad Alexander Huber” ha affascinato la platea accorsa numerossissima per capire le motivazioni, la passione dietro a scelte che per molti sembrano radicali e guidate spesso dall’egocentrismo soprattutto in una pratica, come il free solo che ha visto Preuss ormai un secolo fa anticipare i tempi arrampicandosi senza alcuni artificio: senza corde e senza chiodi inseguendo “molto puro e assoluto”. L’incontro si è poi concluso con la presentazione di chi ancor oggi porta avanti la pratica questa pratica-religione come il campione Alexander Huber. Nel 2008 ha scalato la Swiss Route sul monte Bianco, la più difficile a mondo. Ascoltando Messner si coglie che c’è una filosofia nella conquista di una vetta, nel disegnare sulla roccia una via unica della quale la magnesite lascerà traccia per poco tempo.
Nella nostra intervista lo abbiamo interrogato su questo e poi era inevitabile per noi riportarlo alla sua esperienza con Werner Herzog a quel documentario di ormai vent’anni fa quando insieme tornarono sul massiccio del Gasherbrum, dove anni prima morì il fratello di Reinhold in una vicenda rimasta per parecchio tempo poco chiara. Volevamo capire quanto era importante ripercorrere quella vicenda sia personalmente sia come alpinista. Quanto di quella spedizione era rimasto. Si trattava di una domanda molto delicata perché per entrambi non fu un’esperienza positiva e come potrete cogliere, è evidente ancora quanto astio ci sia nella voce del grande alpinista. Herzog realizzò il documentario La montagna lucente nel 1984 ma sulla stessa vicenda, su quella stessa vetta è stato girato un film di finzione diretto dal tedesco Joseph Vilsmaier.
Nanga Pargat ripercorre tutta la vicenda dalla partenza nel 1970 dei fratelli Messner alla salita estenuante del versante Rupal in direzione vetta Nanga Pargat. Un compagno di cordata iniziò ad accusare i sintomi di mal di montagna e così Reinhold giudò la traversata sul versante Diamir. Il fratello, durante la discesa sparì, probabimente travolto da una valanga. Reinhold lo cercò per giorni, rimase così tanto in arrampicata da perdere per congelamento 4 dita dei pieni e parte delle falangi delle dita delle mani ma di Gunther nessuna traccia. L’anno scorso Messner lo presentò nella versione originale e per quest’anno in quella 3D, realizzata per esaltare e spettacolarizzare ancora di più quei giorni in Pakistan, su una montagna così aspra.