Ascolta le interviste di RADIOCINEMA ai protagonisti dell’incontro:
Non siamo solo noi a guardare alla Francia ma anche i cugini d’Oltralpe guardano a noi. Certo, se parliamo di cinema, lo fanno per osservare da lontano una situazione mal gestita, eppure dall’alto delle loro leggi di settore, strutture ben funzionanti e milioni di milioni di euro di fondi, ci sono vicini e solidali e ci spronano a continuare le rimostranze contro un sistema che ha tagliato tanto all’industria cinematografica del nostro Paese. Questo è quanto emerso dal dibattito “Diamo stabilità al cinema: il modello francese”, organizzato da Cinecittà Luce insieme a 100Autori ieri al cinema Quattro fontane di Roma. Ad alimentare la discussione davanti ad una platea nutrita un confronto sulle procedure di finanziamento tra cinema italiano e francese, per noi da sempre modello a cui guardare per trarre ispirazione dal punto di vista organizzativo.
Aperto dalla proiezione di 15 minuti del documentario di Matteo Berdini, Esordire in Europa, prodotto dall’AGPC, l’incontro ha visto protagonisti alcune figure di spicco del panorama francofono e internazionale come Elisabeth Sjaastad della Fera, federazione che raccoglie autori e cineasti di 29 paesi europei, ed esponenti dell’ARP, società degli autori, registi e produttori, di cui Radu Mihaileanu è il presidente. Ma al suo fianco erano presenti anche Florence Gastaud, delegato generale di ARP, e il vicepresidente Jean-Paul Salomé. A dare l’impressione di essere il più combattivo di tutti è proprio il cineasta Mihaileanu, nato in Romania ma naturalizzato in Francia, di cui si vocifera potremmo vedere il nuovo film, La source des femmes, una coproduzione realizzata da Francia e Italia, tra Indigo e Bim, al prossimo Festival di Cannes o a settembre alla Mostra di Venezia. Si tratta di una commedia in cui le donne di un villaggio sperduto minacciano di lasciare i mariti senza sesso se non inizieranno a portare l’acqua da un pozzo lontano. “I tagli alla cultura sono inaccettabili – ha detto il regista – La cultura è l’essenza dell’essere umano, rappresenta le fondamenta della casa, se si tagliano quelle poi non ci si sorprenda se crolla tutto il resto: economia e società. Siamo solidali con voi colleghi italiani e abbiamo ben presente il conflitto d’interessi di questo governo contro cui dovete combattere, ma non dovete pensare di essere soli. Anche noi abbiamo il nostro da fare per far sentire la nostra voce a lobby di potere, reti televisive e società che vogliono ritagliarsi spazi nel campo audiovisivo”.
Conflitto d’interessi e finanziamenti più o meno floridi sono comunque una questione secondaria. Gli artisti in Francia avranno i loro problemi ma di sicuro partono da una situazione ai nostri occhi idilliaca. Tanto per cominciare Oltralpe i grandi film finanziano i piccoli film perché l’1% degli incassi di un film americano va a finanziare il cinema francese, così la quota di mercato del cinema americano è scesa sotto il 50% garantendo anche più spazio e circuitazione alle altre cinematografie. Poi c’è un ingranaggio ben oliato che consente al cinema francese di prosperare e che si basa su un fondo che si autoalimenta grazie a tre tipi di tassazione, quella sul biglietto che non ricade sugli spettatori ma su un abbassamento dell’Iva, e frutta 120 milioni di euro l’anno, le reti tv che hanno obblighi precisi, da noi inesistenti, riguardo all’impegno nella produzione che in Francia ha fruttato nel 2009 400 milioni, e l’imposta sui provider che rappresenta una fetta tra il 60 e il 70% di tutto il fondo, mentre in Italia non pagano nemmeno il diritto d’autore. Questo fa si che ogni anno in Francia venga investito nel cinema un miliardo di euro, da 500 a 700 milioni vanno al Cnc, il centro nazionale di cinematografia, e sono destinati esclusivamente al cinema circa 228 milioni euro ripartiti tra produzione, distribuzione ed esercizio.