Indissolubilmente legato al suo notissimo romanzo distopico Fahrenheit 451, in realtà Ray Bradbury, scomparso all’età di 92 anni, ha intessuto nell’arco della sua lunga vita un ricorrente rapporto, spesso molto contrastato, con cinema e tv. Fino ai giorni nostri i suoi romanzi e racconti hanno costituito una risorsa di diretta o indiretta ispirazione per prodotti audiovisivi di diversa qualità, e a dire il vero, se di tanto in tanto l’autore si è risentito per il trattamento in trasposizione riservato alle sue opere, ne ha avuto anche buone ragioni. E’ infatti difficile rintracciare, nella lunga lista di film e serie tv tratte da Bradbury, opere che raggiungano una fusione altrettanto miracolosa tra due forti personalità artistiche come François Truffaut e Bradbury stesso, che si tradusse nella famosa trasposizione di Fahrenheit 451 (1966). Che peraltro non è esattamente il miglior film di Truffaut, e forse è anche una delle sue opere meno personali, ma negli anni ha gradualmente conquistato una solida fama di grande classico sulla distopia sociale. Probabilmente Truffaut scelse il romanzo per la sua appassionata esaltazione della lettura, amore che il regista francese ha sempre coltivato e confermato in molte delle sue opere cinematografiche. Poi però Truffaut si trovò alle prese per la prima e unica volta con una grande produzione internazionale, girata in inglese, contesto che si rivelò davvero poco congeniale allo spirito di uno dei migliori autori della Nouvelle Vague.
In breve, il film è affascinante, ma manca di vera partecipazione, e spesso tira aria di film “su commissione”. Tuttavia Bradbury lo apprezzò, e a posteriori si delinea come la trasposizione di gran lunga migliore da una delle sue opere. Bradbury ebbe anche rapporti professionali col mondo del cinema, dal momento che fu chiamato da John Huston a scrivere la sceneggiatura di uno dei suoi film più amati, Moby Dick (1956), con Gregory Peck e Orson Welles, basato sul celebre romanzo di Herman Melville. E fu diretto responsabile di soggetto e sceneggiatura, tra gli altri, anche per Qualcosa di sinistro sta per accadere (1983) di Jack Clayton, un gioiellino horror da riscoprire, con Jason Robards, Jonathan Pryce e Diane Ladd. Alcuni dei suoi racconti furono la base di alcune serie tv dimenticate, tra cui una vera e propria “serie personale”, tutta dedicata ai suoi tales, che fu trasmessa dalla tv americana negli anni ’50. Così come dalle sue opere brevi spesso attinsero gli sceneggiatori di Alfred Hitchcock Presenta, serie tv di grande successo che andò in onda in tutto il mondo a più riprese tra gli anni ’50 e gli anni ’80.
Infine, la lunga lista delle occasioni infelici, ovvero di trasposizioni non eccelse tratte dalle sue opere: da L’uomo illustrato (1969) di Jack Smight, interpretato da Rod Steiger, alla mini-serie tv Cronache marziane (1980) con Rock Hudson, che Bradbury liquidò definendola “semplicemente noiosa”. Fino ai pessimi The Wonderful Ice Cream Suit (1998) e The Butterfly Effect (2004), vagamente ispirato a una teoria elaborata dallo scrittore americano. Di spirito molto polemico e apertamente conservatore, Bradbury si scontrò duramente con Michael Moore quando il filmmaker canadese decise di parafrasare il titolo del suo romanzo più conosciuto in Fahrenheit 9/11 (2004). Alla fine i due trovarono un accordo, ma, ancora una volta, Bradbury confermò di non avere un rapporto facile col cinema. Troppo grande per essere contenuto in un sistema-cinema che, spesso e purtroppo, si tiene ben lontano da vere ragioni artistiche.