Dalla nostra inviata Giovanna Barreca
Ascolta le interviste di RADIOCINEMA ad alcuni ospiti del festival:
Già dal catalogo al nostro arrivo avevamo notato che i lungometraggi e i cortometraggi in concorso non erano tenuti in due sezioni separate, ulteriore dimostrazione della grande attenzione che questo festival dimostra nei confronti delle storie raccontate, senza prendere in considerazione come elemento la loro durata. E vi garantiamo che l’impatto visivo di un film come Il capo di Yuri Ancarani vi ipnotizza per diverso tempo dopo la proiezione anche se la sua durata effettiva si aggira sul quarto d’ora. Vi rimane negli occhi il bianco accecante della cava di marmo dove c’è un vero e proprio direttore d’orchestra (il capo, appunto) che da indicazioni e guida dei musicanti-operai sulle gru che ogni giorno cavano a Carrara, con una precisione millimetrica, enormi blocchi di marmo. Pesa sullo spettatore l’ assordante silenzio visto che il solo rumore è quello assordante delle gru e del marmo che viene fatto a pezzi. E in una composizione che per perfezione avremmo immaginato fosse stata creata a tavolino in sceneggiatura, in forte contrasto al bianco accecante troviamo il rosso e il giallo delle gru e della pelle nera, bruciata dal solo del Capo. Come precisato poi nell’intervista è ben equilibrato il lavoro e il contrasto tra la ‘chiusura’ voluta dalla macchina fissa in cava – a volte l’inquadratura è così ravvicinata al pezzo di marmo che verrà tagliato che quando la gru lo divide, davanti alla macchina da presa appare magicamente l’intera montagna che il marmo prima nascondeva – e l’apertura della ripresa aerea finale. Presentato già nella sezione orizzonti a Venezia 2011 continua a raccogliere premi e riconoscimenti in tutto il mondo.
Tra realtà e finzione invece Alpi di Armin Linke che indaga il vasto ecosistema naturale della Alpi che come ci spiega l’autore sono “divise tra ben 8 stati ma la loro importanza si estende ben al di là dei limiti geografici o dei confini”. Le ha volute raccontare come un grandissimo laboratorio a cielo aperto e all’interno di esso porta lo spettatore – con immagini anche qui il più delle volte fisse – alla ricerca della purezza visiva e del forte impatto emotivo. Qui però passiamo da ambienti diversi in un gioco continuo tra dentro e fuori, tra montagna, strada, fabbriche, convegni, scuole militari. Tradizione e futuro, spesso non voluto, che avanzano. Incontriamo poi per pochi minuti il collettivo Platform dopo la proiezione di Non si può nulla contro il vento, dove sequenze di paesaggi ripresi in uno spazio di sessanta chilometri compongono un mosaico di luoghi e assi di riferimento in continua trasformazione che in realtà non esistono nella realtà. Come abbiamo chiesto durante l’intervista sembrano quasi sovrapposizione di immagini animati create al computer. Poi velocità e movimento completano una visione alla ricerca dell’occhio dello spettatore che deve indagare in quel gioco.