Flussi seriali – Percorsi e influenze odierne e vintage delle serie americane a cura di Erminio Fischetti
Il canale via cavo HBO nasce nel 1972, ma non trasmette prodotti originali fino a molti anni più tardi. All’inizio viene visto con diffidenza perché parecchi addetti ai lavori, all’epoca, avevano molti dubbi sul nuovo futuro televisivo proposto dal cavo e dai propositi di questo canale. Sin dalle sue prime produzioni, però (il primo film originale è The Terry Fox Story di Ralph L. Thomas, con Robert Duvall ed Eric Fryer, trasmesso il 22 maggio 1983), è evidente la voglia di realizzare opere superiori alla media televisiva dei network. Infatti, nel 1983, produce Right of Way, film con due vecchie glorie del cinema come Bette Davis e James Stewart, o Sakharov con due veterani dalla chiara fama come Glenda Jackson e Jason Robards. È così che il mondo inizia a rendersi conto che con HBO si sta aprendo una nuova frontiera: canali televisivi che avessero una loro identità culturale, un target di pubblico specifico, un cambiamento che nel cinema americano era già avvenuto con la fine della seconda guerra mondiale. In più, HBO si rende immediatamente conto che è necessario realizzare prodotti che abbiano come riferimento un pubblico culturalmente disinvolto e intellettualmente vivace.
I lavori di HBO sono più legati alla struttura cinematografica che a quella televisiva (basti notare l’accuratezza dei promo pubblicitari, sempre dei piccoli capolavori). Infatti, registi e sceneggiatori assunti per le loro produzioni hanno quasi tutti alle spalle un notevole bagaglio legato alla settima arte. Certo, molti di loro non sono mai stati molto popolari al grande pubblico, ma per gli addetti ai lavori è evidente che HBO sceglie professionisti dalla lunga e chiara fama e molto spesso sfrutta la lunga lista di personaggi impegnati nel cinema indipendente. Infatti, hanno diretto episodi di serie televisive degli ultimi anni (come Sex and the City, I Soprano, Big Love e Six Feet Under, il recentissimo The Newsroom) registi del calibro di Rodrigo Garcia, Michael Cuesta, Nicole Holofcener, Jeremy Podeswa, Greg Mottola, ecc. E poi c’è stato persino il pilota di Boardwalk Empire di Martin Scorsese.
Le tematiche affrontate sono legate alla storia contemporanea e non solo, come, ad esempio, i notevoli biopic realizzati nel corso degli anni o film di argomentazione politica che hanno scosso l’opinione pubblica. Path to War (ultima estrema fatica dello straordinario John Frankenheimer) sull’amministrazione di Lyndon Johnson durante il conflitto nel Vietnam; John Adams, miniserie da noi inedita sull’omonimo (e secondo) presidente degli stati Uniti diretta dal premio Oscar Tom Hooper con Paul Giamatti, Laura Linney, Tom Wilkinson e Sarah Polley; Truman di Frank Pierson con Gary Sinise e Diana Scarwid, sull’omonimo presidente che portò gli Stati Uniti al termine della seconda guerra mondiale attraverso le bombe di Hiroshima e Nagasaki. Più recentemente la politica dei nostri giorni ha tenuto banco alla HBO con film come Recount di Jay Roach, sui controversi risultati elettorali della Florida nelle elezioni del 2000 tra George Bush e Al Gore. Quest’anno oggetto di analisi è stata la candidatura del 2008 a vicepresidente dei Repubblicani di Sarah Palin in Game Change, sempre diretta da Roach, con Julianne Moore, Woody Harrelson e Ed Harris a fare gara di bravura.
Molti i film, come si è detto, legati ai conflitti e alle denunce politiche e sociali strutturati attraverso i toni dell’inchiesta: è il caso di The Burning Season del 1994 sulla figura di Chico Mendes che lottò contro il governo brasiliano che voleva disboscare la foresta amazzonica, estrema fatica di Raul Julia affiancato da Edward James Olmos e Sonia Braga; A Private Matter di Joan Micklin Silver, militante regista femminista, con Sissy Spacek, Aidan Quinn, Estelle Parsons, W.H. Macy, basato sul caso di Sherri Finkbine, che, nel 1962, a Phoenix decide di abortire dopo aver scoperto la deformazione del bambino che porta in grembo causata dal farmco Talidomide; And the Band Played On, scritto da Arnold Schulman, diretto da Roger Spottiswoode e interpretato da uno stuolo di attori importanti, che vi presero parte per sostenere la drammatica questione dell’AIDS nella società USA, attori del calibro di Matthew Modine, Richard Gere, Ian McKellen, Lily Tomlin, Swoosie Kurtz, Alan Alda; Afterburn di Robert Markowitz con una lanciatissima e fresca di nomination agli Oscar – era il 1992 – Laura Dern, nelle vesti di una giovane vedova che fa causa all’aviazione americana perché non vuole ammettere di aver causato la morte del marito; la divertente commedia grottesca sulla provincia americana con Holly Hunter e Beau Bridges, vincitori di un Emmy ciascuno, The Positively True Adventure of the Alleged Texas Cheerleader-Murdering Mom di Michael Ritchie e trasmessa il dieci aprile 1993; If These Walls Could Talk racconta dell’aborto in tre momenti storici differenti (1952, 1974, 1996) di tre donne con alle spalle un background culturale e sociale differente, ma che vivono nella stessa casa; Normal, dalla pièce teatrale di Jane Anderson, da lei stessa adattata e diretta, analizza il delicato rapporto di una coppia, impersonata da Jessica Lange e Tom Wilkinson, sposata da 25 anni quando il marito decide di voler cambiare sesso.
Lavorare per una produzione HBO non è certo un passo falso per un attore o regista importante, anzi tutti coloro che l’hanno fatto ne sono usciti rafforzati nella carriera, grazie alla sfilza di lunghi premi che si sono guadagnati. Alcune sue produzioni sono diventate leggendarie, dei veri e propri cult come la miniserie tratta dal dramma teatrale di Tony Kushner, Angels in America che si avvaleva dei nomi più importanti di Hollywood (Mike Nichols, Meryl Streep, Al Pacino, Emma Thompson, Mary-Louise Parker e James Cromwell).
Negli ultimi anni, HBO ha avviato una solida attività co-produttiva, specie per quanto riguarda tv-movie e miniserie con i canali inglesi Channel 4 e la storica BBC. Da questo sodalizio sono nati progetti di ampio respiro e differente catalogazione: l’omonima miniserie incentrata su Elizabeth I che vedeva nelle vesti della leggendaria regina la più regale delle attrici inglesi contemporanee, Helen Mirren affiancata da Jeremy Irons e Hugh Dancy; The Gathering Storm di Richard Loncraine con un cast prestigioso come Albert Finney, Vanessa Redgrave, Jim Broadbent, sui giorni di Winston Churchill precedenti la dichiarazione di guerra dell’Inghilterra alla Germania, seguito da Into the Storm del regista irlandese Thaddeus O’Sullivan sui giorni finali della guerra e con un cast del tutto nuovo (Brendan Gleeson, Janet McTeer); My House in Umbria, sempre di Loncraine con una Maggie Smith nei panni di una scrittrice inglese alcolizzata che ospita nella sua casa i pochi sopravvissuti ad un attentato terroristico della carrozza sul treno nel quale stava viaggiando. Quest’anno HBO Films è approdata persino sulla Croisette con Hemingway & Gellhorn, biopic di Philip Kaufman con Clive Owen e Nicole Kidman nelle vesti dello scrittore e della giornalista americana. D’altronde it’s not tv, it’s HBO. Mai slogan è stato più adatto a definire qualcosa, che oltre a quanto citato ha una varietà di produzioni che non citiamo solamente perché questo articolo diventerebbe un fiume infinito di parole.