Flussi seriali – Percorsi e influenze odierne e vintage delle serie americane a cura di Erminio Fischetti
Amy Jellicoe non è una donna sull’orlo di una crisi di nervi: lei la crisi l’ha già avuta, causata dallo stress del lavoro e una relazione all’interno di quello stesso ambiente che l’ha definitivamente distrutta. Dopo aver perso il suo ruolo di responsabile marketing ai vertici della sezione “Salute e bellezza” della sua azienda, la Cogentiva, la donna decide così di frequentare alle Hawaii Open Air, uno di quei costosissimi corsi per dominare la rabbia e ritrovare se stessi, che la fa tornare alla sua quotidianità pronta ad affrontare la vita in maniera illuminata e con un nuovo atteggiamento. Ma per la nostra protagonista sviluppare i nuovi propositi non sarà così facile… Fresca fresca di Golden Globe per la sua interpretazione, Laura Dern è autrice e protagonista insieme a Mike White (regista, sceneggiatore e attore di cinema indipendente, tra cui spiccano pellicole come Chuck & Buck, The Good Girl e Orange County) di questo Enlightened, commedia amara che scalfisce sia il genere puro della comedy che quella del dramedy, avventurandosi in un limbo che si avvicina a quella mestizia e a quella estetica tipica degli indie movie, da tempo classificabili come genere a sé stante.
Enlightened con la sua forma compressa e malinconica penetra sottopelle per raccontare tutte le idiosincrasie della società attuale, la solitudine e lo sconforto della vita, ma con una dolcezza e un’ironia dalla luminosa cupezza. White e la Dern costruiscono una serie che si concentra sui rapporti umani e interpersonali, in particolare sul loro recupero, sull’emarginazione, sulla perdita. La protagonista, infatti, si confronta con una madre terribilmente solitaria dalla quale torna a vivere temporaneamente, con un ex-marito tossicodipendente e votato all’autodistruzione e con – sullo sfondo – i colleghi: il timido, il nerd e l’ex-segretaria meschina. Dalla luminescenza della fotografia all’uso del montaggio e della colonna sonora, passando per i toni della voce fuori campo del personaggio di Amy, tutto è votato alla ricerca di una formula dinamica che vuole penetrare nell’intimità dello spettatore. Un racconto che mette in luce da un lato la soffocante ipocrisia dell’ambiente di lavoro, dove vige la slealtà e quasi lo spionaggio fra colleghi e dove si perpetra la corruzione e l’inettitudine di un mondo che vale da microcosmo di una società malata di finzione e di privilegi materiali quanto effimeri; dall’altro emerge l’incapacità di esprimere i sentimenti più basici con i propri cari attraverso un’incomunicabilità lacerante. Una scrittura asciutta e sintetica sviluppa personaggi a tratti sopra le righe rappresentando il serpeggiante mondo contemporaneo, che ancora si lascia governare da maschi idioti e infantili, bambinoni cresciuti e donne troppo prese a dimostrare il contrario per capire di essere vittime di illusioni e falsi perbenismi. Enlightened trova la forza di affrontare tutti questi temi in maniera deliziosa e leggera, ma anche solidamente malinconica. Né commedia, né dramma, né tragicommedia, più la vita, come genere narrativo a sé stante, nei toni di permeante intimità, quella di ciascuno dei protagonisti (straordinario cast, dove oltre a Laura Dern, spiccano la madre nella vita e nella finzione Diane Ladd, il sensibile Mike White, il menefreghista Luke Wilson); con solo uno sguardo della macchina da presa, un’espressione o una parola Enlightened lascia il segno. Un’opera ricca e intensa che trova visibilità ancora una volta per mezzo di una HBO votata al presidio di progetti di nicchia. Per fortuna!