Flussi seriali – Percorsi e influenze odierne e vintage delle serie americane a cura di Erminio Fischetti
Beverly e Sean Lincoln sono una coppia felicemente sposata che, oltre alla vita coniugale, condivide anche il lavoro. Infatti, i due sono sceneggiatori di una sit-com britannica che riscuote un notevole successo di pubblico e di critica. All’improvviso arriva una proposta inaspettata da un produttore americano: perché non farne un remake a stelle e strisce? La coppia, inizialmente entusiasta di trasferirsi dalla piovosa Londra al sole della California per riscrivere la serie, parte non conoscendo ancora tutti i compromessi artistici con i quali dovrà fare i conti. Primo fra tutti la scelta di un protagonista che non ha nulla a che fare con il personaggio da loro concepito: Matt LeBlanc, il Joey di Friends. Ed ecco l’inizio della fine: l’anziano preside della scuola di Lyman’s Boys diventa un insegnante di ginnastica piacione, la bibliotecaria lesbica invece una bionda rifatta che spasima per il personaggio di LeBlanc, etc.
Co-produzione anglo-statunitense distribuita da Showtime Networks e BBC Two, la serie di Jeffrey Klarik e David Crane mette a confronto l’eterno conflitto culturale fra la Gran Bretagna e gli Stati Uniti attraverso il differente rapporto di comicità fra i due Paesi sviluppandolo proprio nella chiave comica che genera una serie di gag divertenti sulle differenze fra i due Paesi, e l’inevitabile scontro culturale che si viene a creare quando queste due si incontrano. Cosicché vengono fuori soprattutto i difetti dei cialtroni americani che rielaborano prodotti esteri snaturandoli e rendendoli super commerciali, banalizzando storie spesso complesse e strutture narrative di alto livello. I Lincoln sono il centro propulsore di questi fattori perché il loro talento è vittima di produttori lunatici, che seguono solo l’onda del momento, che spesso può durare pochissimo tempo, e poi voltano pagina verso nuove mode e convenzioni. Presentato anche all’ultimo Roma Fiction Fest Episodes ironizza sulla differenza fra disciplinati interpreti inglesi e le star viziate ed egocentriche americane, con un buon Matt LeBlanc che gioca proprio sui cliché del personaggio di Joey Tribbiani sul quale si limita la sua carriera. Così il Matt LeBlanc “narrativo” si mescola con il cliché del suo alter ego seriale che lo consacrò nel 1994 e a sua volta con il vero Matt LeBlanc, così da trarne il ritratto di un uomo condannato dalla sua stessa apparenza, ma depresso, solo e persino meschino. Infatti, con umile auto-ironia, l’attore costruisce un personaggio narcisista che detta il bello e il cattivo tempo della serie con richieste assurde e cambi di copione repentini. Gli sceneggiatori non hanno alcuna voce in capitolo all’interno dei propri script. E se Beverly non vuole cedere di un millimetro sulla sua integrità, Sean si lascia facilmente coinvolgere nel mondo dorato di Hollywood condannando piano piano il loro matrimonio.
Episodes è un prodotto televisivo di grande intelligenza satirica che mostra i retroscena delle produzioni americane attraverso la mescolanza della struttura narrativa comica in chiave inglese (a cominciare dalla quantità, solo sette episodi la prima stagione come è d’uso oltremanica, a differenza dei 22 o 24 canonici per i canali generalisti USA) con quella americana. Il meccanismo funziona benissimo e in questo gli americanissimi David Crane e Jeffrey Klarik devono ringraziare il britannicissimo Ricky Gervais, che con The Office ha fatto la stessa operazione di cui si racconta in questa serie, ma molto saggiamente nella versione USA ha deciso di ritagliarsi la veste di produttore esecutivo!