Flussi seriali – Percorsi e influenze odierne e vintage delle serie americane
Madri seriali. Seconda parte: Oggi
(Rubrica a cura di Erminio Fischetti)
18/02/10 – La scorsa settimana vi abbiamo raccontato per sommi capi come si è sviluppato il ruolo della madre nei decenni passati sul piccolo schermo, questa settimana vi racconteremo quanto si è evoluto, narrativamente parlando, fino ai giorni nostri. Per prima cosa, bisogna sottolineare che ultimamente sembra essere tornato in voga dopo una lunga assenza di quasi un decennio, forse perché la famiglia veniva vista come un nucleo lontano e distante dalle nuove generazioni, colpite piuttosto dal fallimento totale della classe media statunitense, frutto di quella percentuale così alta di divorzi che era avvenuta negli anni precedenti e aveva portato la scrittura della serialità verso altre tipologie e analisi del concetto di famiglia. Ci sono state famiglie come nuclei lavorativi, di amicizia, persino di fratelli e sorelle, mentre le figure genitoriali restavano circoscritte al fondale delle guest star o del tutto assenti (forse qualche show potrebbe darne qualche prova contraria come “Home Improvement” o “Married with Children” all’inizio degli anni Novanta, ma sono pochi casi che si contrappongono a “Friends”, “Cinque in famiglia”, “Melrose Place”, “ER”, “Un medico tra gli orsi”, “Seinfeld” ecc.).
Ma verso la fine del decennio ecco che una carica di madri ritorna violentemente alla carica regalandoci forse alcuni dei ritratti più interessanti, innovativi e soprattutto più aderenti alla realtà odierna. Nel 1996 abbiamo la mamma chioccia e vicina di casa Marie Barone con “Tutti amano Raymond”, fastidioso esempio di madre che vive per i figli, o meglio per il prediletto Raymond, che qualunque cosa dica o faccia il suo “bambino” quarantenne è oro colato. Non vi ricorda nessuna che conoscete? Tre anni dopo, sempre sulla stessa rete, la CBS, arriva Maxine Grey con “Giudice Amy”, donna che rappresenta un rifugio per i propri figli, ma anche coraggiosa donna lavoratrice (assistente sociale) e frutto della liberalizzazione femminista degli anni Sessanta, mentre la HBO propone forse la peggiore madre della storia della televisione ne “I Soprano”, terribile, crudele, egoista, meschina, castrante. Il 2000 è l’anno delle madri dei giovanissimi, da un lato abbiamo la Lorelei Gilmore di “Una mamma per amica”, già dal titolo capiamo perfettamente del ruolo di cui stiamo parlando e con essa l’attrice Lauren Graham propone un ritratto materno giovane, dirompente e interessante perché ci mostra il modo in cui è possibile essere madre e amica per una figlia probabilmente più responsabile della propria genitrice, che, però a sua volta è mossa da desideri di rifiuto nei confronti della sua rigida madre, che con lei ha commesso un mucchio di errori. Come Lorelei, anche Lois, madre disperata, nella bellissima sitcom “Malcolm”, di cinque pestiferi ragazzini che una ne pensano e cento ne fanno, ha subito lo stesso trattamento e cerca con molta pazienza di non commettere gli stessi sbagli. Ma lei però non ha l’amorevole Rory per figlia, ha solo due figli con un quoziente intellettivo più alto della madia e gli altri a cui è meglio non eseguire alcun test! Delle serie, i genitori sono a loro volta figli e nel bene e nel male i propri modelli determinano le loro scelte future. Poi c’è Debbie, la madre di Michael in “Queer as Folk, USA”, che accetta senza battere ciglio l’omosessualità del figlio e diventa una delle più attiviste per i diritti degli omosessuali. A darle volto la Sharon Gless che smesso quel ruolo e ne ha ricoperto un altro materno un po’ più sgradevole, eppure esilarante, in “Duro a morire”. Simili, complementari, la madre dei fratelli Harper in “Due uomini e mezzo” e quella dei fratelli Huffstodt in “Huff” (purtroppo cancellata dopo appena due stagioni). Egoiste e semialcolizzate donne di mondo che non sembrano essere nate per il ruolo di madri e sembrano, in un modo o nell’altro, aver rifiutato a poco a poco i loro figli dopo averli messi al mondo. Donne che, però, hanno bisogno dell’attenzione della loro prole solo quando riguarda loro stesse. Non è un caso che inizialmente Blythe Danner avrebbe dovuto interpretare Evelyn Harper, sostituita poi da Holland Taylor, per poi approdare al mitico ruolo di Izzy Huffstodt. Come un circolo vizioso, nel 2006 la Nora Walker di Sally Field è la madre per eccellenza del piccolo schermo di questi ultimissimi anni, ci riporta al matriarcato della soap opera (anche se più consistente nella circolarità del personaggio) in “Brothers & Sisters”, dove la donna si ritrova al centro di intrighi, misteri e problemi quotidiani della vita dei suoi cinque figli in contrapposizione con l’amante del defunto marito, a sua volta una madre fredda e disinteressata. Allo stesso tempo, Nora rappresenta perfettamente i valori amorevoli del concetto materno del passato con quelli della donna moderna che ad un certo punto della sua vita rifiuta i vecchi schemi femminili e ne ricerca degli altri per se stessa, pur non dimenticando mai di essere madre. Il futuro?