Flussi seriali – Percorsi e influenze odierne e vintage delle serie americane
I Tudor – Scandali a corte
(Rubrica a cura di Erminio Fischetti)
07/01/10 – Chi l’avrebbe mai immaginato che la Storia con la S maiuscola, con personaggi realmente esistiti, sarebbe diventata fonte d’ispirazione per la serialità americana (in genere questi argomenti sono sempre stati fonte di miniserie)? Chi l’avrebbe mai immaginato che Enrico VIII, ricordato nell’immaginario collettivo come un uomo brutto e grasso, con problemi di gotta, anche se da giovane era stato descritto come il principe più bello d’Europa, avrebbe avuto il volto di un’icona sexy come quello del trentenne Jonathan Rhys-Meyers, che nella serie I Tudor- Scandali a corte interpreta il re inglese del Cinquecento, morto a 56 anni, nei suoi ultimi quindici anni di vita? Ma se si tralascia questo dettaglio importante sull’aspetto fisico del re più popolare della storia – ricordato principalmente per come la sua vita privata e i suoi sei matrimoni influirono sul suo regno e sulla questione religiosa e la sua riforma – e parecchie inesattezze storiche, I Tudor resta comunque uno spettacolo godibilissimo nella sua sfarzosità e lusso sfrenati (scenografie e costumi meravigliosi) e nella confezione (colonna sonora, fotografia ecc.), che per di più non tradisce il periodo storico nel suo sguardo d’insieme, fatto di violenza, egoismi, intrighi e manovre politiche.
Al centro di tutto questo ovviamente, Enrico VIII viene ritratto come individuo capriccioso, egoista, volubile che cambia e manovra situazioni internazionali per il suo personale tornaconto, ma non dimeno diviene vittima lui stesso perché manovrato facilmente sia dal suo primo ministro Cromwell, sia dall’ossessione della nascita di un erede maschio che avrebbe reso la dinastia della famiglia Tudor meno attaccabile da ingerenze esterne. I suoi tre figli, Maria, Elisabetta ed Edoardo, nati “con fatica” e a spese delle proprie madri, sono tutti saliti al trono e tutti morti senza figli lasciando così incompiuto il desiderio paterno di una ricca discendenza. Le sue sei mogli furono sacrificate a questa ossessione e a questi desideri, alla ragion di Stato, agli intrighi di una corte che non era molto più esemplare del suo padrone. Il loro poco invidiabile destino è passato alla storia per la “bizzarra violenza” con la quale sono state trattate, imprigionate in stereotipi troppo generali, e soprattutto per come sono morte. A grattare un po’ al di sotto della superficie, però, viene fuori il ritratto di donne brillanti, intelligenti, il cui ruolo spesso fallimentare di donna oggetto e soprattuttoincubatrice, ha però limitato il raggio d’azione nonostante l’invidiabile titolo di regina d’Inghilterra. Il lavoro di Michael Hirst pone attenzione alle peculiarità di ognuna, in particolare Caterina d’Aragaona e Anna Bolena, la “santa” e la “peccatrice”, mentre la storia, la politica, la società dell’epoca fanno da protagoniste alla storicizzazione e alla contestualizzazione di una formula narrativa moderna della serialità televisiva. Gli elementi in sé appaiono chiari nella loro messa in scena e nei loro meccanismi. La serie, interamente scritta da Michael Hirst, predilige una sana attenzione per la psicologia dei personaggi, una predilezione maniacale per i dialoghi, una cura straordinaria dell’elemento drammaturgico. Lo sfondo storico, come dicevamo, per quanto alterato in alcuni punti risulta dettagliato.
Nelle tre stagioni finora visionate, oltre alla repentinità con la quale si liquida l’ultima parte delle vicende di Enrico (dal matrimonio con Jane Seymour, la terza sposa, in poi) un unico grande errore appare evidente: la scelta “fisica” del protagonista, fuori parte per ovvi motivi, nonostante i suoi sforzi. Elemento che si contestualizza, però, all’interno di un discorso più ampio sulla ricerca di rendere appetibile e accattivante, attraverso la componente glamour dell’intera confezione, un prodotto altresì stantio e noioso per una grossa fetta di pubblico. Splendido, invece, il lavoro di casting fatto sulla maggior parte dei personaggi, a cominciare dalle sei mogli (Maria Doyle Kennedy in particolare è una Caterina d’Aragona straordinaria), mentre Sarah Bolger è una giovane Maria Tudor– la primogenita di Enrico – di forte intensità. Piccolo consiglio: da vedere esclusivamente in lingua originale perché la serie acquisisce una “bellezza” che non si coglie con il doppiaggio italiano.
I Tudor- Scandali a corte
Titolo originale: The Tudors;
Ideatore: Michael Hirst;
Interpreti: Jonathan Rhys-Meyers, Henry Cavill, Natalie Dormer, Maria Doyle Kennedy, Jeremy Northam, James Frain, Sam Neill, Henry Czerny, Callum Blue, Nick Dunning, Jamie Thomas King, Gabrielle Anwar, Annabelle Wallis, Sarah Bolger, Hans Matheson, Peter O’Toole, Max von Sydow, Joss Stone, Joely Richardson, Gavin O’Connor, Alan van Sprang, Gerard McSorley, Tamzin Merchant, Padraic Delaney, David Alpay;
Produzione: USA/Canada/UK/Irlanda, 2007- in corso;
Durata: 60 circa cadauno (4 stagioni; 40 episodi);
Distribuzione italiana: Mya/ Mediaset