Flussi seriali – Percorsi e influenze odierne e vintage delle serie americane a cura di Erminio Fischetti
Per una donna non c’è niente di peggio che sposare il cocco di mamma, che è oltretutto pigro, svogliato e viziato. Peggio è però se i genitori di lui abitano nella casa accanto e la madre chioccia piomba in casa in ogni momento della giornata per sottolineare che non si è abbastanza brave, non si è abbastanza compiacenti con il proprio tesorino, mentre il padre si affossa sul divano a guardare la tv smangiucchiando tutto quello che c’è in casa e il fratello single fa su e giù come se fosse casa sua. Un incubo! È quello che capita alla povera Debra Barone sposata, con tre figli piccoli, a Ray, un giornalista sportivo italo-americano. Per lui d’altro canto lei è possessiva, soffocante, lamentosa e poco accomodante con la sua famiglia. Non gli lascia mai spazio per vedere gli amici o per guardare lo sport. Lui a sua volta non ricorda mai gli anniversari ed è un inetto per quanto riguarda l’aiuto domestico. Tutti amano Raymond è una serie creata dal comico Ray Romano, trasmessa negli Stati Uniti fra il 1996 e il 2005 e diventata a ragione un vero e proprio cult fra le sit-com della CBS. L’opera scandaglia i morbosi meccanismi famigliari – e soprattutto l’infantilismo dell’ego maschile – a suon di battute mordaci e crudeli che non lasciano tregua fra una risata e l’altra.
Molto più di un trattato di psicologia o di statistica, Tutti amano Raymond è un’analisi straordinariamente attendibile di meccanismi matrimoniali, molto spesso messi a rischio dalla poca discrezione di persone che ruotano intorno alla coppia, ancor prima che dalla coppia stessa. Per quanto non venga mai messa in discussione la necessità della famiglia, collante di stabilità fra i personaggi, la serie ne critica l’eccessivo attaccamento, che spesso può essere più pericoloso dell’assenza. E sono proprio questi eccessi a generare danni, incomprensioni, problemi e a mettere in pericolo i rapporti. Ma c’è anche il rovescio della medaglia: se la madre di Raymond – Marie – è un’impicciona fastidiosa (e sa cucinare bene, nessuno cucina meglio della mamma!), il padre Frank è invece anaffettivo e distratto, freddo come i padri di una volta, il cui unico dovere era mantenere la famiglia, mentre a tutto il resto ci pensava la donna. Romano costruisce pertanto personaggi ben improntati sulle loro caratteristiche attraverso un crossover comportamentale fra i ruoli della famiglia di oggi e quella di ieri, giocando così con i cliché che non vengono mai disattesi, perché tutti qui restano sempre fedeli a se stessi, senza che compiano un reale percorso di crescita, sebbene la povera Debra esorti continuamente Ray in tal senso. Ma lui del resto, poverino, ha avuto modelli di riferimento molto lontani da quelli a cui lei giustamente vorrebbe instradarlo, allo scopo di creare una famiglia equilibrata e felice, dove la coppia affronta insieme i problemi, sia dentro che fuori casa. Eppure nella loro semplicità, nella loro banalità questi personaggi sono di una veridicità impareggiabile; il cast (Ray Romano, Patricia Heaton e soprattutto Brad Garrett, Doris Roberts e Peter Boyle, indimenticabile mostro di Frankenstein Junior) poi lotta ad armi pari nella gara di bravura..