Falso specchio – Finalmente documentario
(Rubrica a cura di Silvio Grasselli)
12/05/09 – L`attesa è finita. Terra madre è uscito in sala. Osannato dai più, elogiato da molti, all`Icononauta il nuovo documentario di Ermanno Olmi non è piaciuto.
Il primo disappunto viene dall`inaspettata natura dell`operazione: d`accordo che il film nasce dall`incontro tra il regista lombardo e Carlin Petrini, patron di Slow Food; d`accordo anche che al documentario di creazione puro, per la necessità e l`urgneza d`una battaglia molto concreta, si possa sostituire un taglio più immediato, esplicito. Ma che il lungometraggio si dedichi per molti minuti alla documentazione dei due grandi convegni organizzati da Slow Food nel 2006 e nel 2008, che altre cospicue parti del film siano rapidi blitz da reportage televisivo che si occupano di dar conto delle singole vicende di alcuni dei protagonisti di tali convegni e che poi si faccia un uso disinvolto, si direbbe quasi indifferenziato, di materiali di repertorio provenienti da fonti diverse e disparate fino a inserire – a uso di didascalia riempitiva – persino frammenti del testo sacro Lungo il fiume senza darsi pena di specificare, motivare, mostrare una precisa necessità , questo sembra davvero troppo. Olmi si prende in carico la direzione logistica d`un gruppo di fidati collaboratori – dallo storico allievo divenuto apprezzato regista Maurizio Zaccaro, al montatore di tutti gli ultimi film di Olmi, Paolo Cottignola, dal figlio Fabio all`amico Franco (Piavoli) – apparentemente rinunciando a mettere nel film il suo sguardo e fare sulla battaglia di Petrini un discorso proprio oltre la mera registrazione convegnistica. Nei racconti del suo film Olmi ha tenuto più volte a ricordare l`incontro con il piccolo podere abbandonato d`un vecchio che per una cinquantina d`anni ne ha fatto il proprio eremo drastico e naturale. Nel film però – a parte la familiare voce del grande Omero Antonutti – di questo episodio restano brandelli, interrotti e coperti dalle voci e dalle presenze di Petrini e dei suoi amici collaboratori.
Il passaggio del film più riuscito, coerente rispetto alla consueta etica dell`estetica di Olmi, è senza dubbio quello affidato a Franco Piavoli. Senza spostarsi di un passo dal proprio solito terreno di lavoro (è il caso di dire) Piavoli non intervista nessuno, non rincorre, ritrae, beatifica nessuno. La macchina segue con costanza e attenzione, con amore, le azioni (e immobilità ) del contadino che cura il suo orto, registrando i segni che la Terra esprime attorno a lui, lasciando che il tempo muto si riempia dei rumori e dei gesti, privati di ogni esplicita funzionalizzazione. Il fatto che il film sia stato presentato al Festival di Berlino e che poi esca nelle sale non fa che accrescere le perplessità . A martedì.
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