Falso specchio – Finalmente documentario
(Rubrica a cura di Silvio Grasselli)
21/04/09 – Per una volta ci occupiamo di contaminazioni e innesti. Lo scorso venerdì è uscito nelle sale di Roma e Milano il piccolo film indipendente Fuga dal call center, ultimo venuto nella sempre più nutrita serie di titoli che si sono occupati e si occupano del movimentato orizzonte lavorativo oggi in Italia, facendo del call center luogo a metà tra metaforico e metonimico. Il giovane regista Federico Rizzo scrive e dirige un film di finzione con l`anima divisa in due: alla base dell`esile storia dei due giovani protagonisti, dentro di essa e tutt`intorno è il documentario a orientare lo schermo. Rizzo non si contenta, come già i suoi più illustri predecessori (leggi “Tutta la vita davanti”), di fondare il suo racconto finzionale sulle storie vere di veri giovani precari, e compone il suo lungometraggio scandendo la ricostruzione messa in scena con siparietti documentaristici, interviste ai veri protagonisti dell`epopea tragicomica al centro del film, costruendo una macchinosa struttura nella quale al realismo del documentario risponde il surrealismo della storia interpretata dagli attori. Alla fine però la parte del film messa in scena dimostra un`irrecuperabile debolezza, un pallore estetico e ideale; è invece la serie delle interviste realizzate dal regista ai veri impiegati dei call center a tenere insieme l`intera pellicola, a costituirne collante ma anche tonificante. Ricordiamo allora per un attimo appena il documentario che Ascanio Celestini volle realizzare un paio di anni fa andando ad ascoltare e raccontare proprio gli operai d`un call center romano (il film è “Parole Sante”), e subito dopo ci chiediamo e chiediamo al regista Rizzo se non fosse il caso di dedicarsi, magari con maggiore applicazione e meno pretese sperimentali, a un onesto e sempre necessario film documentario.
In coda un breve cenno a un evento davvero importante per tutti quelli che apprezzano il cinema cinema, e ancor più per quelli che si appassionano alle visioni del cinema di non fiction. Esce, miracolosamente, in sala il primo film di finzione del maestro documentarista kazako Sergej Dvortsevoy. Dopo aver avuto una lunga e difficile vicenda produttiva e dopo aver vinto nella sezione Un Certain Regard a Cannes 2008, arriva nelle sale italiane “Tulpan”, commedia leggera ma potente che mostra evidenti i segni felici d`un occhio abituato a scrutare il mondo in cerca delle sue microvibrazioni, abituato a scoprirne, con umiltà e impegno, la struggente bellezza, capace infine di legare e sciogliere ineffabili relazioni tra le cose, le persone, i fatti. Tra il visibile e l`invisibile.
Martedì prossimo l`Icononauta sarà già in terra lusitana, ancora una volta sulle tracce dell`inarrestabile genio di Werner Herzog e di nuove altre visioni. A martedì.